Inter sorpasso in testa

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La Gazzetta dello Sport (S.Veranzza) – Nella notte di Halloween, all’Inter il dolcetto e alla Roma lo scherzetto. Cambia di nuovo la capolista del campionato: detronizzato Garcia, si ripiglia lo scettro Mancini al fondo di una partita che può valere e dire molto. Se porti a casa una vittoria del genere, la luna è con te e forse sì, è l’anno buono, Napoli e «gufo» Sarri permettendo. Handanovic migliore in campo per distacco, Roma in costante controllo di pallone, eppure ha vinto l’Inter, cinica e spietata come da miglior tradizione nerazzurra: più o meno così si imponevano il Mago Herrera e lo Special One Mourinho. Sesta vittoria per 1-0, chiaro segno.

ROVESCIAMENTI – Chi di attendismo ferisce… Ricapitoliamo: a Firenze, una settimana fa, la Roma aveva trionfato con le ripartenze, lasciando che la Fiorentina cuocesse nel suo brodo di trame, ricami e passaggi. Ieri sera la piramide si è rovesciata. La Roma ha scritto la sceneggiatura del match, l’Inter le ha permesso di girare palla, per lo più a fuoco lento, e se l’è messa in saccoccia. Mancini ha preparato bene l’incontro. Alla vigilia aveva detto che sarebbe stato deleterio concedere campo alla Roma e di conseguenza si è regolato: 4-3-3 molto teorico, nella pratica un 4- 5-1 serrato, con Perisic e Ljajic di fatto terzini aggiunti. Le temute frecce Gervinho e Salah sono rimaste nella faretra di Garcia, più l’egiziano dell’ivoriano in verità. Una moderna rivisitazione del gioco all’italiana, di cui non c’è da vergognarsi: i campionati si portano a casa anche così. Gli indicatori tecnico-tattici confermano le impressioni a occhio nudo. La Roma si è aggiudicata possesso palla (59,2 a 40,8), vantaggio territoriale (53 a 47), baricentro medio (53,4 metri a 43,7 metri) e passaggi (522 a 371). Che cosa farsene però di tanti bei numeri? Alla fine contano i tre punti. L’Inter conserva la miglior difesa del torneo e la Roma – che mantiene il miglior attacco – per la prima volta in stagione chiude una partita senza segnare un gol. Tutta acqua per i mulini di chi è convinto che i campionati se li aggiudichino le squadre più impermeabili.

PUNTI DI SVOLTA – Di «sliding doors», di porte girevoli, ce ne sono state tante, ma ne scegliamo una su tutte, il gol sbagliato da Dzeko nel cuore del primo tempo. Il gigante bosniaco aveva davanti a sé la porta spalancata, con Handanovic a terra dopo respinta su tiro di Maicon, ma si è fatto murare da D’Ambrosio. Ecco, se la Roma fosse passata in vantaggio, avrebbe ricreato le stesse condizioni di Firenze, si sarebbe rintanata e sarebbe andata di contropiede. Però la porta scorrevole stavolta ha lasciato i giallorossi sull’uscio e le zucche di Halloween hanno sorriso all’Inter. Mancini, nella notte delle streghe, ha riesumato il fantasma del falso nove, negli ultimi tempi passato di moda. Il «Mancio» ha lasciato Icardi in panchina a meditare sui suoi lamenti: probabile che d’ora in poi Maurito, prima di parlare, conti fino a dieci, anzi fino a quattro come i palloni che sostiene di aver ricevuto fin qui. Al suo posto ha giocato Jovetic, meno scintillante del solito, ma utile nella funzione di esca. Manolas e Rudiger si aspettavano il forzuto argentino e si sono ritrovati davanti a delle ombre sfuggenti, il «falsario» Jovetic lavorava per adescarli, per attrarli fuori area. Il gol di Medel è nato da un tocco di Jo-Jo sulla trequarti, con Rudiger costretto a uscire goffamente dalla linea – a schiena girata – per opporsi al tiro del cileno e con Szczesny bradipo nel tuffarsi, forse perché coperto. Una rete bella e agevolata, su cui l’Inter ha edificato il nuovo primato.

CONCLUDENDO – Alzi la mano chi si sarebbe aspettato un Mancini così saggio, prudente e calcolatore, e chi, alla lettura delle formazioni, non è rimasto di stucco: D’Ambrosio e Nagatomo terzini, in luogo degli attesi Santon e Juan Jesus, non lasciavano presagire nulla di buono. Eppure ha avuto ragione lui, il Mancio in modalità pragmatismo (e per una volta al diavolo l’estetica). La Roma esce battuta, ma non ridimensionata, la squadra ha valori tecnici debordanti. Garcia paga il nervosismo di Pjanic, espulso per doppio giallo, il primo per proteste e il secondo per una «manina » galeotta a spezzare una trama interista, e la sterilità di Dzeko. Alla Roma, a questa Roma, mancano i gol del gigante di Bosnia. A lui i palloni arrivano in abbondanza, mica col contagocce come al «lamentoso» Icardi.

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