Il socio di De Vito ora accusa: «Subivo pressioni in Comune»

Il giorno dopo essere stato arrestato, davanti al gip, in sede d’interrogatorio di garanzia, l’avvocato Camillo Mezzacapo ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere, ma ha voluto fare dichiarazioni spontanee per cercare di respingere, almeno in parte, le accuse che lo hanno portato in carcere. Giovedì scorso ha raccontato di essere stato sottoposto a una sorta di «estorsione» a scopo pubblico da parte dell’assessorato all’Urbanistica del Campidoglio. «Un’estorsione della pubblica utilità», dice, in relazione a un progetto a cui stava lavorando. Il legale sostiene che dal Comune, per superare un preavviso di diniego relativo alla costruzione di un albergo a Trastevere, avevano chiesto, per velocizzare le pratiche,di realizzare opere di urbanizzazione aggiuntive e di destinare un piano dello stabile all’amministrazione. Il verbale è stato depositato in vista dell’udienza del Tribunale del riesame, prevista il 3 aprile. Mezzacapo è accusato di corruzione e traffico di influenze insieme all’ex presidente del Consiglio comunale, Marcello De Vito, per avere incassato tangenti destinate al politico da 4 imprenditori: Luca Parnasi, i fratelli Claudio e Pierluigi Toti, e Giuseppe Statuto. Al gip Maria Paola Tomaselli racconta di conoscere De Vito da tempo, «quasi 20 anni, abbiamo studiato insieme». Mezzacapo sostiene che De Vito non avesse un ruolo decisionale: «È un personaggio pubblico, ma di quelli che tagliano i nastri, non aveva poteri». Lo riporta Il Messaggero.

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