Ginulfi ricorda la beffa contro il Gornik: “È stato un peccato non poter giocare quella finale a Vienna contro il Manchester”

L’ex portiere della Roma, dal 1962 al 1975, Alberto Ginulfi ha parlato ai microfoni del sito giallorosso di una giornata non molto fortunata per i romanisti: il 22 aprile del 1970. Quel giorno, infatti, i capitolini mancarono la qualificazione, contro il Gornik, alla finale di Coppa delle Coppe per il lancio di una monetina. Ecco le sue parole:

“È stato un peccato non poter giocare quella finale a Vienna contro il Manchester. L’anno prima avevamo vinto la Coppa Italia, alla grande pure. Quello che potevamo dare l’abbiamo dato. Avevamo avuto tanti infortuni e all’epoca non c’erano le rose di adesso. Eravamo 15-16, non era facile giocare due volte a settimana. Ma la monetina è così, che vuoi fare”.

Nel cammino verso quella semifinale la Roma di Helenio Herrera aveva eliminato il PSV Eindhoven agli ottavi, beneficiando il quel caso del lancio delle monetina dopo aver vinto 1-0 all’Olimpico e aver perso con lo stesso risultato in Olanda. Ai quarti i giallorossi avevano avuto la meglio sui turchi del Goztepe, con un 2-0 in casa e uno 0-0 in trasferta.

Il Gornik Zabrze era una grande squadra, fu chiaro nei Mondiali di quattro anni dopo. C’era Wlodzimierz Lubanski che era un giocatore clamoroso e segnò tre gol su quattro del Gornik contro di noi.

La gara di andata all’Olimpico terminò 1-1, con rete polacca di Jan Banas nel primo tempo e pareggio di Elvio Salvori al 53’.

Noi non facemmo male in quelle partite. Dopo il pareggio in casa abbiamo fatto 1-1 anche lì. In casa loro ci saranno state 120.000 persone, lo stadio era immenso e c’era un urlo continuo, con le trombe e tutto il resto.

Allo Slaski Stadion fu la Roma a passare in vantaggio con Fabio Capello su rigore all’11’. Sempre dal dischetto arrivò il pareggio del Gornik, al 90’ con Lubanski.

Ai supplementari segnò di nuovo Lubanski [al 95’] e per noi pareggiò quasi al 120’ Francesco Scaratti. E la cosa bella è che credevamo di aver vinto per i gol in trasferta. E invece il regolamento ancora prevedeva che ai supplementari la regola dei gol in trasferta non ci fosse. Cambiò l’anno dopo. La Roma capita sempre in queste situazioni. A fine partita ci abbracciammo ma ci dissero: ci dispiace ragazzi ma ai supplementari la regola non vale.

Si arrivò allo spareggio in campo neutro a Strasburgo, il 22 aprile del 1970.

Anche quella partita fu tiratissima, 1-1 al 90’ e ancora 1-1 dopo i supplementari. Loro erano molto bravi, bisogna riconoscerlo. Attaccavano ma noi ci difendevamo bene. In quel periodo di attaccanti non ne avevamo tanti e l’anno prima purtroppo avevamo perso Giuliano Taccola.

Per il Gornik Segnò ancora Lubanski al 42’. Il pareggio fu di Capello su rigore al 57’.

Dopo tre pareggi in tre sfide, delle quali due da 120 minuti, arrivò il momento della monetina.

In quella partita Joaquin Peirò, che era il nostro capitano, scelse testa per il sorteggio del campo. E uscì testa. Ai supplementari si rifece ancora il sorteggio per il campo. Peirò scelse testa e uscì di nuovo testa. All’unico lancio che valeva veramente Peirò scelse ancora testa. Io non ero lì vicino, ma questo è quello che mi raccontò Peirò. Helenio Herrera gli prese il braccio per dire di scegliere croce ma lui non cambiò idea. E niente, è uscito croce. Purtroppo succede. Quella finale mancata mi è rimasta qui. Le sconfitte si riescono a digerire, le partite si vincono e si perdono ma poi le dimentichi. Questa invece, arrivata così con la monetina, brucia ancora.

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