Rudi e la Roma: la storia di un amore ricambiato

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Si è tanto parlato delle indiscutibili doti tecniche e tattiche di Rudi Garcia, che comunque vada, ha saputo in un momento molto difficile per la Roma, restituire il giusto equilibrio ad un squadra che lo aveva perso, affiancato da un complice esemplare come Walter Sabatini, con cui deve spartire il merito per i risultati raggiunti. Ma lasciando da parte per un momento i tecnicismi e il motore primo, soldi e mercato, c’è un aspetto anch’esso indiscutibile che ha condito la Roma dei record: il suo aver saputo trasformare quella che per gli altri era una piazza difficile nella sua più grande amica. La conquista di Rudi si è svolta a regola d’arte sin dai primi momenti: “Chi contesta la squadra è laziale”, lo ha detto appena arrivato, mettendo ben in chiaro quello che poi ha ribadito di recente: “Quando qualcuno tifa una squadra lo fa fino alla morte, il sostegno dei nostri tifosi ci serve soprattutto quando va tutto male”, ma poi ha aggiunto: “Io sono innamorato di Roma”. Un corteggiamento a tutti gli effetti e ricambiato di volta in volta sempre di più, lui che si dichiara uno di loro, un romanista, e loro che con quell’urlo all’Olimpico gli offrono tutta la carica che possono. Garcia ha colto nel senso di appartenenza e nel fare gruppo l’elemento imprescindibile in una città che vede il calcio come una fede.

Come in tutte le storie d’amore sane non mancheranno le litigate, perché adesso che va tutto bene sì è facile amarlo, ma le sue frasi, il suo carattere passionale e realista hanno davvero conquistato tutti, compresi gli scettici, che quando lo hanno visto approdare nella Capitale hanno pensato ad una nuova scommesse o ancor peggio ad un nuovo fallimento. Il nuovo che spaventa, ma che lui ha saputo trasformare in vecchio e conosciuto, quell’amore viscerale, quasi a portarsi sulle spalle anche lui la sconfitta del 26 maggio, perché nell’affermare: “Che un derby non si gioca si vince”, c’era una voglia di riscatto surreale per uno che a quei tempi la Roma non la pensava neppure; la nascita di un rapporto quasi paterno con i suoi giocatori, che lui stesso dice di sentire come figli: “Se non ami la tua rosa, non la puoi allenare”.

E arrivati quasi alla fine si parla di obiettivi, quelli prefissati e raggiunti: riportare il sorriso sulla faccia dei giocatori, su quella dei tifosi e la chiesa al centro del villaggio, quelli in bilico, seppur soltanto per la matematica o poco più, ma soprattutto uno, ribadito oggi stesso: lui comunque ci crede.

Umberto Ruggeri

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