Garcia copia Mancini. Ma il pizzino non serve

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Il Tempo (A.Serafini) – Cinque minuti alla fine, Dzeko entra in campo con la Roma ancora (ma non per molto) in vantaggio di un gol e chiama Nainggolan porgendogli la mano. All’interno del palmo c’è un bigliettino bianco, che deve arrivare il prima possibile a De Rossi in mezzo al campo. Il belga riceve «l’indicazione» tattica sulle palle inattive che arriva dalla panchina, la legge brevemente mentre corre e la consegna al suo compagno, che inquadrato dalle telecamere prova a leggere con un po’ di stupore il messaggio. Daniele si guarda intorno mentre il gioco sta ricominciando, rilegge nuovamente il «pizzino», ma con aria poco convinta. L’immagine successiva riprende il pareggio clamoroso del Leverkusen e la rabbia proprio del numero 16, disperato per l’epilogo clamoroso della gara.

Almeno per tempistica non ha funzionato l’ultimo metodo adottato da Rudi Garcia, uno di quelli che durante la gara in panchina ha sempre scritto molto, consumando blocchetti in cui si appuntano pensieri, problemi e appunti tattici da riportare alla squadra al termine del primo tempo o da rivedere al fischio finale.

Proprio all’inizio della passata stagione il francese venne «scoperto» da un fermo immagine di una telecamera durante la sfida amichevole con l’Aek Atene: «Ci vuole pazienza, non cercare il passaggio e muoversi di più; trovare con più insistenza Iturbe e Gervinho. I centrocampisti devono stare più vicini». Pensieri scritti che fecero arrabbiare e non poco il tecnico quando furono resi pubblici, ma più per una questione di violazione della privacy.

Almeno a Leverkusen, il messaggio diretto a De Rossi è rimasto anonimo, tanto che lo stesso centrocampista probabilmente nella confusione generale non è riuscito neanche a codificarlo. Per la prima volta però Garcia si è lanciato in questa nuova iniziativa, comunque da tempo adottata da alcuni dei suoi colleghi in giro per il mondo.

Probabilmente lo spunto sarà arrivato proprio da Roberto Mancini, l’allenatore che in Italia utilizza con maggiore frequenza la distribuzione di bigliettini per i suoi giocatori durante la gara. Una volta lo fece perché aveva perso la voce, poi ha continuato a spedire messaggi scritti ai calciatori. Un metodo utilizzato anche in passato durante l’esperienza in Turchia con il Galatasaray e riproposto al suo ritorno sulla panchina interista. Come spiegato più volte dallo stesso Mancini, all’interno dei messaggi compaiono le iniziali dei vari giocatori per spiegargli come devono cambiare la posizione in campo o per assegnare delle marcature sulle palle inattive.

Coincidenza o caso del destino anche sulla sponda nerazzurra non funzionò il primo tentativo provato nella passata stagione in Europa League con il Celtic: doppio vantaggio milanese, scozzesi che pareggiano con 2 reti in 2 minuti e di nuovo avanti l’Inter. Poi il messaggio consegnato da Mancini a Ranocchia appena qualche istante prima del definitivo 3-3 del Celtic a tempo scaduto.

D’altronde l’attenzione minuziosa ai dettagli ha registrato negli ultimi anni le più disparate innovazioni: dall’uso dell’iPad in allenamento di Luis Enrique, alla comparsa delle ricetrasmittenti (utilizzate soprattutto da Garcia) per comunicare in tempo reale con lo staff posizionato in tribuna.

Armi tecnologiche in cui può essere inserito anche un foglietto bianco, diventato nel giro di poche ore oggetto di ironia e sfottò soprattutto sui social. Con curiosi fotomontaggi: da un «Danie’ parla con Torosidis e avvertilo che noi siamo quelli bianchi» a un «Cercate di non prendere pure il quarto, firmato Rudi». Più chiaro di così.

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