La Repubblica (P. Torri) – Il futuro è in un abbraccio. Magari qualcuno, soprattutto all’Olimpico, non se ne sarà accorto in diretta, ma l’abbraccio a cui facciamo riferimento, è quello che c’è stato tra Lukaku e Dybala subito dopo la sostituzione del gigante belga che aveva appena bagnato la sua prima da titolare con la Roma segnando il sesto gol. Mou non stava aspettando altro che la rete di Romelu. Lo ha subito richiamato in panchina, consapevole che in questa stagione ha la possibilità di una rotazione più qualitativa e numerosa. Dybala si è alzato e gli è andato incontro. A quel punto i due si sono abbracciati con sincerità e stima, quasi che fosse la centesima partita che giocavano insieme. Era la prima. Roba che il popolo giallorosso stava aspettando dal 29 agosto, cioè da quando Lukaku è sbarcato a Ciampino. E se il buongiorno si vede dal mattino, l’impressione è che di abbracci come quello andato in scena a una decina di minuti dalla fine della sfida contro l’Empoli, ne vedremo ancora parecchi.

Senza invidie ed egoismi, tipo il rigore che ha stappato la partita dopo poco più di una trentina di secondi. Entrambi sono rigoristi con percentuali alle spalle da primi della classe. Prima del fischio d’inizio c’era il dubbio: se sarà concesso un rigore alla Roma, chi si presenterà sul dischetto? E andato Dybala, ha segnato, al prossimo si vedrà, “lo tirerà chi si sentirà meglio”. Questo feeling a 360 gradi che può trasformarsi in un’alchimia devastante per le squadre avversarie e in delirio perpetuo per una Roma costruita per tornare competitiva ai massimi livelli.