Gazzetta dello Sport – Di Francesco: “Io, il Sassuolo, Zeman e ora ci provo con Totti»

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Sassuolo mai così in alto: parte sinistra della classifica. Sabato il ritorno all’Olimpico, per 4 anni il suo stadio, lo stadio di un lontano scudetto. Non sono giorni banali per Eusebio Di Francesco. (…)

Per fortuna c’è la Roma.
«Per fortuna c’è Totti: se penso alla squadra, penso a lui. Mostra le sue grandi qualità anche nelle cose più semplici. E ha una bella famiglia».

Ricordi dello scudetto 2001?
«Il mio primo gol contro il Napoli. Il giovane De Rossi, che veniva ad allenarsi con noi. Tommasi, che qualcuno chiamava “anima candida”, ma che per me era il “gemello” visto che giocavamo nello stesso ruolo. Si capiva che avrebbe fatto una carriera importante fuori dal campo: ama parlare e discutere. Lo vedrei bene come presidente della Figc».

Capello, l’allenatore dello scudetto, non se la sta passando bene in Russia.
«Mi spiace, anche se quando giocavo non avevamo un gran rapporto. Ha un carattere forte, che non significa essere arrogante: nel rispetto dei ruoli, ci siamo sempre detti le cose in faccia. Per uno come lui, abituato a vincere, non deve essere facile accettare un flop. Ma ci sta: non vedo campioni in quella Nazionale».

L’idea di andare all’estero?
«Perché no, è un’esperienza interessante: Inghilterra o Spagna. Ma prima dovrei studiare le lingue».

E dovrebbe essere esonerato, così avrebbe molto tempo libero.
«Allora speriamo che non accada».

(…)
Ha detto: chi fa il viziato lo manderei a stare qualche giorno con Zeman.
«Capirebbe che cosa sono il sacrificio e l’impegno».

A parte il 4-3-3 cosa le è rimasto di zemaniano?
«Negli anni con lui alla Roma mi ha insegnato la cultura del lavoro e la curiosità per lo sport. Potrei parlare per ore con lui senza annoiarmi».

Ha cambiato modulo solo una volta: 3-4-3 con la Juve. E’ andata bene. Farà così anche con la Roma?
«No, sono squadre diverse».

Ha sempre pensato di allenare?
«Macché, proprio non ci pensavo. Finito di giocare, ho fatto anche il team manager alla Roma, ma ho capito che mi mancava troppo l’adrenalina del campo».

Ha detto: «Dopo gli allenamenti mi porterei Berardi a casa».
«Una battuta per far capire che è un talento che deve maturare e che a volte sbaglia, prendendosi qualche cartellino di troppo». (…)

 

 

Gazzetta dello Sport – G.Longhi

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