Il Messaggero – “Carica azzurra”

Anche se con un bel sorriso, Cesare Prandelli, nella hall di Coverciano, dà una pacca robusta a Pablo Daniel Osvaldo. Sembra una spinta, come se gli volesse ricordare quando lo mandò via dalla Fiorentina.

“Ero io che, troppo giovane, non capivo. Lui non c’entra. Ma ora sono un altro”. Il centravanti italoargentino, 25 anni, parla bene la nostra lingua. Sa che cosa dire e rispondere. E’ in azzurro perché sono tornati a casa Balotelli e Pazzini e il suo bisnonno nacque a Filottrano, in provincia di Ancona, prima di attraversare l’Atlantico. Arrivato a fine estate alla Roma, in un mese è diventato il capocannoniere giallorosso: 3 reti consecutive. Domani sera il quasi scontato debutto per avvicinarsi meglio al derby di domenica. “Non parlo mai prima, ma dopo. Non lo faccio nemmeno per la sfida con la Lazio. Questione di scaramanzia”. Della nuova città ha già capito tutto. E ha scelto in questi giorni dove andare ad abitare con Elena e la piccola Victoria, 2 anni e mezzo. “All’Eur”. Gianluca, 5 anni, è nato a Bergamo, ma vive in Argentina.

Perché è un sogno la convocazione in azzurro?
“Mi sento italiano, anche calcisticamente. La mia donna e i miei bimbi sono nati qui. L’Argentina, poi, non mi ha dato questa chance. Ho scelto da anni, giocando nell’Under”.

La Lega Nord ha contestato la sua convocazione. Come risponde?
“Con una risata. So che criticano anche i giocatori italiani del sud. Sono più italiano io di chi dice certe cose”.

Quanto è stato importante il biennio all’Espanyol?
«”Un’avventura bellissima. E’ stata la prima squadra che ha davvero creduto in me. Non avevo dimostrato tantissimo in Italia. Ringrazierò sempre il club spagnolo che non dimenticherò mai. Mi chiamavano il killer, lì”.

L’Italia ha la migliore difesa delle qualificazioni, 2 gol, ma solo il quindicesimo attacco, 14 reti. E’ qui per questo?
“Prandelli ha grande scelta. Giampaolo e Mario, i due che mi hanno lasciato il posto, sono fortissimi. La Nazionale gioca bene. A Belgrado siamo stati concreti: due tiri e un gol. Se avrò spazio, darò il mio contributo”.

Prandelli che la chiama in azzurro: una rivincita?
“No. Ha sempre creduto in me, ma davanti avevo Mutu, Gilardino e Pazzini. Ero giovane. Non mi rendevo conto. Ora so che era normale non trovare spazio. Comunque entravo spesso: dieci minuti e anche da titolare”.

Ha cambiato modo di giocare per affermarsi?
“Da ragazzo volevo far tutto. E invece non combinavo nulla. Adesso ho una mentalità diversa, capisco meglio le situazioni. Nel gioco sono lo stesso, più tranqullo. Non sono mai stato egoista. Ma volevo dimostrare tutto anche in pochi minuti”.

Qui si sente solo attaccante di scorta?
“E’ un’emergenza, ma Prandelli poteva scegliere altri. Un buon segnale, significa che ha stima. Io non guardo all’Europeo. Aspettiamo, è la mia prima volta. Sono contento, non mi sembra vero. Mi guardo intorno e non so ancora dove sto. Devo dimostrare tante cose e migliorare in tutto. Ma cercherò di tornare ancora. Spero di debuttare a Pescara. La canzone che sceglierei per l’esordio: Under my thumb dei Rolling Stones”.

Camoranesi non cantava l’inno. Lei che cosa farà?
“So le parole, imparate con l’Under e cantate anche al Marakana. Con Mauro ho un bel rapporto, gioca nel mio Lanus: non è che non lo cantasse per una mancanza di rispetto. Vidi il mondiale di cinque anni fa in Argentina, tifavo per due nazionali. Vorrei sfidare la Seleccion con questa maglia”.

Si può presentare come giocatore?
“Nell’Espanyol ero punta centrale e unica. Mi sto adattando al nuovo ruolo, ma già parto meno largo. Qui si gioca come nella Roma. Mi piace che Prandelli mi veda moderno. Devo tanto a lui e a Zeman che mi insegnò i movimenti”.

Il gol più bello dei tre con la Roma?
“Il primo, contro il Siena, a porta vuota e grazie a Borriello. Utile per sbloccarmi. Mi sono emozionato. Ho fatto il gesto delle orecchie per le troppe critiche ricevute. Ma sono sempre stato tranquillo, sicuro di far bene grazie alla stima della società, del tecnico e dei compagni. Non pensavo al prezzo del cartellino, come qualcuno: sono cose che non hanno senso. Conta il campo. Le altre due reti le ho festeggiate con il mitra del mio idolo Batistuta. Adesso stravedo per Higuain e i suoi gol”.

In Spagna si gioca meglio?
“Ormai pure qui le squadre divertono e ci si diverte. Guardate la Roma. E la Juve, il Milan, il Napoli, la Lazio e la Fiorentina. Tante non pensano più solo a difendere”.
Il Messaggero – Ugo Trani

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