Del Piero, Maldini, Riva, Antognoni & Co. Quando le stelle vengono sfrattate da casa

La Gazzetta dello Sport (M.Cecchini-D.Stoppini) – Freudianamente parlando, a volte per cominciare a vivere bisogna «uccidere il padre». Il problema è che c’è chi lo fa con delicatezza (arsenico nel thè?) e chi con una ruvidità inaspettata. Il «prego, si accomodi» della Roma a Francesco Totti è una sorta di via di mezzo, piena di «non detti» e troppo a lungo officiata da un allenatore con cui il capitano giallorosso – in questa seconda parte di rapporto – ha avuto un feeling quasi inesistente.

DEL PIERO – A pensarci bene, però, neppure l’addio di Alessandro Del Piero alla Juventus fu totalmente indolore. Anzi. Quando la bandiera bianconera, dopo 19 anni a Torino, propose di «firmare in bianco» pur di restare, il presidente Andrea Agnelli si limitò a commuoversi il giorno del suo addio alla Juve, il 13 maggio 2012. Di contratti, meglio parlarne con i dirigenti del Sydney.

MALDINI – Se vogliamo, andò ancora peggio a Paolo Maldini, che nel giorno dei saluti al Milan trovò persino un gruppo di ultrà rossoneri pronti a fischiarlo per «mancati omaggi» alla curva. Era il 24 maggio 2009 e da quel giorno il Milan per Paolo è rimasta terra straniera, visto che prima il suo feeling con Galliani & Co. è stato sempre minimo, poi quello con i nuovi cinesi non è mai decollato. D’altronde, se si pensa che per lungo tempo persino su Gianni Rivera era sceso l’ostracismo, Maldini può dirsi in ottima compagnia.

RIVA, ANTOGNONI & CO –  Storia comune a tanti grandi, in fondo. Negli anni ruggenti della loro maturità, ad esempio, a Gigi Riva e Giancarlo Antognoni sia Cagliari che Fiorentina chiusero le porte dirigenziali, che non si sono mai neppure aperte per un’altra bandiera come Beppe Bergomi, interista mai pentito. Tra l’altro, sotto questo punto di vista il mondo si assomiglia a tutte le latitudini, basti ricordare come persino nel leggendario Real Madrid, due bandiere come Raul e Casillas si sono trasformati in semplici comprimari senza fascino, da mandare a giocare altrove senza rimpianti. Morale: al solito, toccherà al tempo medicare quelle ferite che hanno origine nella umana vanità (dei campioni) e nella umana gelosia (dei dirigenti). E così meglio non disperare: in fondo anche i «patricidi» calcistici più terribili possono condurre al lieto fine.

PER APPROFONDIRE LEGGI ANCHE

I più letti