Il Messaggero (A. Angeloni) – Daniele De Rossi era il capitano in campo quando la sua Roma faceva sognare un popolo per l’impresa – nell’aprile del 2018 – contro il Barcellona ai quarti di finale di Champions League. Eusebio Di Francesco era sulla panchina giallorossa in quella magica notte all’Olimpico, quando la Roma si era guadagnata la semifinale contro il Liverpool, in DDR aveva già individuato doti nemmeno troppo nascoste da allenatore, ma non immaginava che nel suo futuro, nella sua nuova vita professionale, gli sarebbe ricapitata la Roma, magari non subito, non così presto.

Daniele ed Eusebio sono buoni amici, tra loro c’è stima, rispetto, ora finalmente sono colleghi, li accomuna la passione per il giallorosso, che per l’attuale tecnico del Frosinone si è sbiadito nell’ultima fase romana, culminata con l’esonero e quindi con la fine prematura di una bellissima storia. Oggi pomeriggio per De Rossi, al Benito Stirpe, ci sono parecchie insidie da combattere. Intanto davanti non avrà l’amico Eusebio, ovvero un pezzo di storia della Roma (come accaduto quindici giorni fa contro Ranieri) ma un avversario tosto, agguerrito, che ha bisogno di punti salvezza e quei punti è abituato a conquistarli proprio in casa, 20 sui 23 totali fino a questo momento.

Con quei soli tre esterni – assieme al Cagliari – è la squadra che ne ha ottenuti meno lontano da casa, due in meno anche del Lecce, e tre della Salernitana e Verona. La Roma ne ha conquistati solo undici lontano dall’Olimpico, su undici partite: Daniele una gara sola ha giocato fuori casa (in campionato), a Salerno, e l’ha vinta.