Con quei tre impiccati perso il derby vinto

La Repubblica (M.Lodoli) – È triste scoprire ancora una volta che basta così poco per passare dalla gioia all’orrore, dall’esultanza alla vergogna. Basta una notte di follia, un gruppo di invasati che pensa di fare una cosa divertente impiccando a un ponte tre fantocci con la maglietta della Roma: e quei pazzi rivendicano pure con orgoglio questo gesto macabro, squallidissimo, senza nemmeno accorgersi che così hanno trasformato una vittoria in una sconfitta, una pagina allegra in una pagina nera. Eppure il derby per noi tifosi della Lazio è stato davvero un momento di felicità, abbiamo surclassato i cugini sul campo e anche sugli spalti. Loro hanno fatto una brutta figura con il tuffo malandrino di Strootman e l’esultanza volgare di De Rossi, mentre Biglia, da gran signore del centrocampo e dello sport, ha chiesto addirittura la maglietta a Totti, riconoscendo che l’avversario sconfitto è comunque un campione. Era andato tutto bene, dunque. Le radio laziali hanno preso in giro i giallorossi, nei bar il giorno dopo abbiamo goduto ricordando ai romanisti i gol di Keita, l’eliminazione in coppa Italia e la definitiva estromissione dalla corsa allo scudetto. E poi, d’improvviso, questo schifo. Una messa in scena ripresa dai rituali mortiferi dei narcotrafficanti messicani, che appendono i cadaveri dei nemici ai cavalcavia, in una oscena dimostrazione di crudeltà e di sfregio. Gli Irriducibili, autori di questo cupo teatrino, sostengono che si tratti solo di goliardia, uno scherzo magari pesante, ma pur sempre uno scherzo, uno semplice sfottò tra tifosi.

Ma la goliardia e gli scherzi dovrebbero far ridere, e qui non c’è proprio niente da ridere, c’è solo violenza. Una volta chi perdeva la scommessa sul derby doveva andare in mutande biancazzurre o giallorosse in giro per il quartiere, e tutti ridevano. Oppure si ritrovava la serranda del suo negozio dipinta nottetempo con i colori della squadra avversaria. Lazzi e frizzi che erano il prolungamento spiritoso della partita vinta o perduta la domenica. Oggi invece si impiccano manichini con i nomi dei giocatori avversari, si lasciano appesi a dondolare nell’oscurità: e si aggiungono scritte inquietanti, minacciose, feroci. L’avversario sportivo diventa il nemico da spaventare, da annientare. Che orrore. La festa si trasforma immediatamente in una lugubre vendetta, distante dal trionfo nel derby come l’inferno dal paradiso. Ora che gli appassionati di calcio stavano ritornando allo stadio, ora che le famigerate barriere erano state rimosse e la domenica calcistica poteva tornare ad accogliere in allegria famiglie, bambini, donne, questo gesto allontana di nuovo le persone civili dagli spalti. Pensavo di comprare tre biglietti per Lazio-Sampdoria, di portare i miei figli a sostenere la nostra squadra del cuore: e invece resteremo tutti a casa, perché non mi va di condividere la partita con gente capace di azioni così mostruose, capace di tutto. Domenica eravamo contenti, oggi siamo preoccupati. Chi non si vergogna di impiccare simbolicamente gli avversari, si schiera dalla parte del male. E il male non fa mai ridere, fa solo ribrezzo e paura.

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