Che lite a Pescara!

Corriere dello Sport (G.D’Ubaldo)Storia di un rapporto fatto di alti e bassi, a volte difficile, sfociato in una lite plateale a poche settimane dall’addio. Dzeko ritrova Spalletti, l’allenatore che lo mandò in panchina nella stagione del suo ritorno alla Roma e che lo aiutò a diventare capocannoniere l’anno successivo. Domenica saranno di nuovo avversari. La prima volta, pochi mesi dopo l’addio, fu in una calda serata di agosto all’Olimpico, Dzeko fece gol, Spalletti vinse. E alla fine salutò uno per uno i suoi ex giocatori. Questa volta il bosniaco proverà a dargli un dispiacere. Di Spalletti lo scorso anno disse: «Ha personalità, vuole far sapere chi è il capo. Ma ogni tanto qualche complimento in più non guasterebbe». Il tecnico toscano invece ha usato bastone e carota nei confronti del bosniaco. Una carezza e una tiratina d’orecchie: «Dzeko ha giocato delle partite splendide, ma ha sbagliato ogni tanto. Quando gli capitano cinque occasioni e fa due gol non deve accontentarsi, è lì la differenza da un giocatore che ha carattere e uno che non lo ha. Edin è un giocatore divino». E poi ancora, in un’altra circostanza, dopo altri gol sbagliati: «Dzeko so che giocatore è: ogni tanto è un giocatore molle, io glielo dico. Se gli capitano quattro palle gol, deve buttarne dentro cinque; se ne butta dentro solo due, significa che pecca di cattiveria».

LA LITE DI PESCARA – Quella mancanza di cattiveria che gli imputa anche Di Francesco, ma che non evitò a Dzeko di scontrarsi con l’allenatore dopo la sostituzione a Pescara. Il 24 aprile dello scorso anno la Roma vinceva 4-0 all’Adriatico contro il Pescara. A venti minuti dalla fine il tecnico di Certaldo decise di sostituire Dzeko e il centravanti mandò a quel paese l’allenatore, con il labiale che lasciò intendere le parole dell’attaccante: «Fai ancora il furbo?». Dzeko avrebbe voluto restare in campo per provare a segnare, visto che non l’aveva ancora fatto, per mettere al sicuro il titolo di capocannoniere che a fine campionato conquistò. Spalletti a fine partita minimizzò, ma la sua seconda esperienza romana era già ai titoli di coda.

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