Roma, così De Rossi s’è ripreso il futuro

porto-roma-derossi

Corriere dello Sport (R.Maida) – La Roma che non si scioglie, che resiste, che riparte, è nell’anima dei tre militanti del centrocampo, capaci di disinnescare il Porto con il loro mordi e fuggi: atti leciti di guerriglia calcistica all’interno di una sfida che uno di loro, Daniele De Rossi, aveva definito profeticamente «una battaglia». Se la Champions League ora sembra un bersaglio raggiungibile, il merito è della micidiale esecuzione dei compiti guidata dal capitano di Oporto, De Rossi appunto. Quella fascia era dappertutto: in area, fuori area, in aria come in scivolata. «Ha pulito la sua casella, senza rompere la linea difensiva» osservava Spalletti dopo che la missione portoghese era stata (in parte) compiuta. Ha l’aspetto di un vero samurai, De Rossi, con la nuova barba lunga e acuminata, vezzo che si è concesso per l’inizio della stagione. Affiancato da Nainggolan, che per tutti è il ninja, e da Strootman, pretoriano indistruttibile anche dopo tre dolorose ferite allo stesso ginocchio, ha condotto la squadra fuori dalla trappola del Dragao, incendiato di passione ma neutralizzato dalla barriera del centrocampo romanista. La rinascita di De Rossi si spiega in un lavoro fisico, in un’attenzione diversa al lavoro quotidiano e all’allenamento invisibile, ma anche nelle straordinarie motivazioni di un figlio di Roma che per la prima volta vede all’orizzonte la realizzazione di un sogno: i gradi di capitano come erede naturale di Francesco Totti. In mezzo ci sono l’ultimo anno di ricco contratto e le tentazioni esotiche che hanno preso la forma della vita statunitense. Ma niente è stato deciso e dalla notte di Oporto arriva un messaggio: De Rossi ai livelli dell’Europeo è ancora un titolare di qualunque squadra italiana. Vale la pena di considerarlo.

UNA VACANZA PIU’ CORTA PER ESSERE SUBITO PRONTO – Venti giorni di vacanza, circa la metà rispetto a quasi tutti i suoi compagni. De Rossi ha rinunciato volentieri al riposo, dopo il grande Europeo che si è spezzato per colpa di un nuovo infortunio giusto a ridosso del quarto di finale contro la Germania. «C’era il preliminare di Champions, una partita decisiva, era giusto mettersi a disposizione» ha ricordato lui che nei venti giorni di lavoro, tra il Nordamerica e Trigoria, si è preoccupato soprattutto di un aspetto, concertato con i preparatori della Roma: mantenere lo standard fisico e atletico che aveva raggiunto in Nazionale. Dopo tanti problemi al muscolo soleo di un polpaccio, che gli ha rovinato le ultime due stagioni e ne aveva messo seriamente a rischio la convocazione di Conte, De Rossi ha recuperato un’ottima condizione agli ordini di Paolo Bertelli, il preparatore che aveva conosciuto e apprezzato ai tempi della prima Roma di Spalletti. Al resto, nella ricostruzione del giocatore ammirato a Oporto, hanno contribuito un’alimentazione sana che gli ha permesso di perdere massa grassa e un’attenzione maggiore del solito all’intensità degli allenamenti. «E’ stato Spalletti – ammette – a farmi capire che alla mia età devo lavorare di più».

DA TEMPO E’ PIU’ SERENO E DA’ SEMPRE IL MASSIMO – Non ha mai vinto lo scudetto. E per questo ha smesso di parlarne. Quando gli è stato chiesto cosa pensasse della nuova Roma, delle manovre di mercato, del campionato che comincia domani, De Rossi ha risposto di essere stufo delle chiacchiere d’agosto e di pensare a vincere una partita per volta, preferendo semmai scrivere un bilancio in fase consuntiva. Non vive come un’ossessione l’astinenza titoli che dura ormai dall’ultima Coppa Italia di Spalletti (2008) ma non vuole neppure sfilarsi la maglia della Roma da battuto. E l’orgoglio di giocare ormai stabilmente da capitano, con l’amore quasi integrale della sua gente, lo spinge ad affrontare con la massima disponibilità la stagione che ha preso il via a Oporto. «Se fosse l’ultima con la Roma, vorrei che fosse la migliore» spiegava durante la tournée americana. E si sta applicando giorno dopo giorno per questo, grazie alla serenità di un uomo che si sente compiuto, sul piano pubblico e su quello privato. La lucidità con la quale si è districato nell’acquario di Oporto, dove ogni centimetro perso poteva consegnare un gol decisivo agli avversari, è frutto anche di una maturità raggiunta. Certi gesti di rabbia, certe reazioni nervose del passato, magari non si vedranno più.

E’ ANCORA UN PATRIMONIO E SI PARLA GIA’ DI RINNOVO – Con un movimento rapido dentro all’area di rigore del Porto, De Rossi ha messo pressione a Felipe che poi si è buttato il pallone dentro alla sua porta. Difficile calcolare la percentuale di merito del giocatore che attacca su un autogol così go o ma certo De Rossi è un calciatore molto temuto dagli avversari e dagli arbitri («In campo sono un rompiscatole» dice spesso) e rispettato dai compagni. Ha un carattere diverso da Totti, più rumoroso e grintoso e magari meno ironico, e rappresenta un punto di riferimento. Anche per quello che rappresenta sotto il pro lo caratteriale, e per l’attaccamento alla maglia dimostrato in carriera, De Rossi è un patrimonio che la Roma non vuole disperdere. E così presto gli proporrà una soluzione ragionevole che accontenti tanto il club quanto il calciatore: un rinnovo fino al 2018 del contratto in scadenza con stipendio spalmato sulle prossime due stagioni, a circa 4 milioni netti. Non è mai cominciata una negoziazione, d’accordo tra le parti che hanno rinviato il problema, ma è un percorso virtuoso che verrà intrapreso. Non a caso De Rossi ha sospeso ogni progetto migratorio (Stati Uniti) aspettando di capire se può rimanere alla Roma perchè «sarebbe triste per i tifosi se smettessimo nello stesso anno sia io che Francesco».

PER APPROFONDIRE LEGGI ANCHE

I più letti