Dzeko, se arriva in ritardo fa ancora più male

Corriere dello Sport (A.Polverosi) Quanto abbia inciso Edin Dzeko nella stagione della Roma lo dice con chiarezza un numero: 31. Sono i gol che il bosniaco ha segnato in tutte le competizioni con la maglia giallorossa. Ma da queste ultime gare è emerso un altro numero assai più piccolo, però indicativo di una qualità che finora non gli era stata riconosciuta. Quel numero è 3 e sono i gol segnati in campionato quando è entrato in campo a partita in corso.

COME ALTAFINI… – Bisogna ammettere che in un atleta con le caratteristiche fisiche di Dzeko si fatica a intravedere le doti del giocatore che risolve la gara entrando negli ultimi 20 minuti. E’ facile (ma evidentemente sbagliato…) immaginare quanto riscaldamento sia necessario per mettere in moto una macchina tanto pesante. E invece l’ultima partita col Sassuolo, ma non solo quella, ha cambiato l’idea del giocatore forte ma pesante, potente ma macchinoso. Dzeko è entrato come se fosse abituato a partire dalla panchina, tipo Zarate, tipo Altafini negli Anni Settanta, tipo Robbiati negli anni Novanta. Abbiamo fatto tre esempi di attaccanti… leggeri perché quella, tradizionalmente, è la caratteristica-base di chi entra nel finale per buttare all’aria la difesa avversaria. Ma il fisico non ha impedito a Dzeko di mettersi all’istante a disposizione della squadra. Non solo, con la difesa del Sassuolo più affaticata, quella certa, inevitabile lentezza nei movimenti non si è mai vista. Edin ha segnato un gol di forza, abilità e perfino sveltezza: in area ha difeso col corpo la palla di Strootman dall’attacco di Lirola, ha mantenuto a distanza il difensore emiliano e poi ha girato la palla in rete.

UNA RISERVA SPECIALE – Era il terzo gol da subentrato, il secondo lo aveva segnato nella gara precedente a Palermo (sostituzione con Grenier a metà ripresa), mentre il primo risale alla gara con la Sampdoria, la vittoria in rimonta, quando era entrato a inizio ripresa al posto di El Shaarawy. In questa specialità il primato è del doriano Schick, abituato a entrare dalla panchina. Dzeko no, lui è titolare fisso ed esce solo quando deve rifiatare (a cavallo di Palermo e Sassuolo c’era il Lione in Europa League). Prima di Palermo, aveva giocato 24 volte consecutive dall’inizio e solo in due casi era stato sostituito, a 10′ dalla fine con lo stesso Palermo all’andata e a 1′ dalla fine col Torino. In pratica, Dzeko è partito dalla panchina soltanto in 4 gare di campionato, a Cagliari, in casa con la Sampdoria, molto dopo a Palermo e domenica scorsa col Sassuolo. In tutto, da subentrato ha giocato 136 minuti segnando 3 gol, vale a dire un gol ogni 45,3 minuti.

CONTRO IL SASSUOLOSpalletti lo aveva mandato in campo al 15′ del secondo tempo al posto di Bruno Peres, un cambio che aveva trasformato la squadra, ristabilendo un equilibrio a favore della Roma, passata dalla difesa a 3 alla difesa a 4, ma soprattutto rimessa meglio in attacco con Salah esterno e il bosniaco nel suo ruolo, quello di centravanti. Come ha detto lo stesso allenatore: «… poi è entrato Dzeko e la partita è cambiata». A naso, il bosniaco non avrà tante altre occasioni da qui alla fine per incrementare il suo bottino da subentrato, non perché smetterà di segnare, ma perché Spalletti non lo farà partire più dalla panchina avendo solo il campionato, più una gara (forse due…) di Coppa Italia. E anche se la media-gol da panchinaro è stupefacente, meglio averlo dall’inizio uno così.

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