Zaniolo: “Quest’anno abbiamo costruito qualcosa di importante. Juve e Milan? Voglio dimostrare che sia giusto essere accostato a questi top club”

La Gazzetta dello Sport (S. Gentile) – Dopo l’anticipazione pubblicata ieri, nell’edizione di quest’oggi di Sport Week è presente l’intervista integrale a Nicolò Zaniolo. Stagione conclusa, decisa dal gol in finale di Conference contro il Feyenoord, il rapporto con Mourinho, la famiglia fino ad arrivare al tema più spinoso: il futuro.

Bilancio di questa stagione: cosa salvi e cosa cancelli?

Quest’anno è andato molto bene, dal punto di vista fisico ho avuto pochissimi problemi dopo due infortuni molto gravi ed era questo il focus. Era fondamentale non fermarsi, era fondamentale riprendere continuità, tornare a essere un calciatore e mettere dentro prestazioni come ho fatto. Era da folli pensare che tornassi in campo dopo due anni e riuscissi a fare 25-30 gol, sono contento di com’è andata, dei miei 8. Con trofeo. La Conference League era il nostro obiettivo e l’abbiamo portata a casa. Sono felicissimo.

Con la caviglia già dolorante, ma presente e in gol: che finale col Feyenoord!

Ci dovevo essere per forza, è un grosso risultato che volevamo e dovevamo ottenere per la squadra, per la città, per i tifosi e per noi stessi. Farcela con un mio gol è stato bellissimo.

Conference League più qualificazione in Europa League. Nessun rimpianto?

È stata una stagione molto faticosa, abbiamo giocato 50 partite, certo abbiamo perso dei punti che potevamo evitare di perdere, però abbiamo anche costruito qualcosa di importante. Erano tanti anni che la Roma non giocava una finale in una coppa europea, l’abbiamo anche vinta, quindi è andata bene, benissimo.

Cosa buttiamo dalla finestra?

Quei giorni in cui sono stato nervoso… perché la palla non entrava in porta, perché mi faceva il miracolo il portiere, perché avevo discusso con l’arbitro… Sto capendo che è inutile incazzarsi: si sprecano energie.

Buttiamo via anche quel gestaccio ai tifosi della Lazio?

Eh sì. Quello è stato dettato anche dalla sconfitta che avevamo subito, che è stata una brutta sconfitta. Il derby di Roma è il derby di Roma. Se ho offeso qualcuno, chiedo scusa. Però fa anche un po’ parte dello sfottò con cui la città convive da sempre. E per me è finita lì in campo, dove si fanno cose che a mente lucida non faresti.

Il derby è questione di vita o di morte. A Roma non puoi viverlo altrimenti.

Senti la maglia che hai addosso e tutta la gente per cui la indossi. Avevamo perso un derby in casa che non volevamo perdere, ho un po’ rosicato ed è venuto fuori quel gesto. Chiedo scusa, ancora.

Buoni propositi, allora: migliorare il self control, dribblare le provocazioni.

Esatto. Questo è un obiettivo che devo pormi per l’anno prossimo, smetterla di cadere in provocazioni inutili che non servono a niente.

Ma non cancelliamo il video della festa della Roma, con il coro su Zaccagni: perché si vede chiaro che non canti… Ma perché finisci sempre in mezzo alle polemiche?

Non lo so e neanche me lo chiedo più. Penso a migliorare, quello che succede intorno è contorno e spesso non ha nessuna importanza. In campo alla fine ci vado io e la squadra. E quel che conta è vincere le partite, non parlare. Ho imparato a non ascoltare, all’inizio non nego che ascoltavo parecchio e diciamo che un po’ mi toccavano le cose che si dicevano. Poi capisci che è meglio mettere i tappi e andare in campo a fare quello che devi fare. E che sai fare.

Anche perché spesso è tutta invidia, ma può far male.

Può far male, sì. Nei momenti più bui, quando sei più debole, la gente al posto di aiutarti magari ci mette il carico. E puoi risentirne. Lì però devi essere forte e avere accanto le persone che ti vogliono bene, quelle che ti danno una pacca sulla spalla e ti aiutano a reagire.

Ad un certo punto sei uscito dai social…

Ma non per le cattiverie, volevo provare a vedere com’è la vita senza social, siamo sempre con il telefonino in mano… Ma è durato poco, dopo una settimana li ho riscaricati.

Cosa hai sognato ieri sera?

Sogno poco. E non sono incubi.

Se potessi scegliere un super potere, ti piacerebbe essere invisibile a comando?
No. Vorrei tornare su quel pallone, il cross di Veretout nel derby d’andata e buttarla dentro al posto di prendere il palo.

Tra gli obiettivi raggiunti nel 2021-22 c’è che hai giocato dal vivo con Ibrahimovic.

Sì, questo era un obiettivo. La partita non è andata bene, hanno vinto loro 2-1, ma io ho coronato un sogno. Non ho avuto modo di parlarci, ma l’ho studiato: per l’approccio alla partita, come si muove da leader carismatico, è un fenomeno.

Ma come, non ti sei presentato? Ti sei vergognato?

Di avvicinarmi, sì (ride). L’ho ammirato da lontano. Giocarci insieme è stato molto bello.

Radio mercato parla da mesi ormai dell’interessamento di Milan, Juve e una squadra all’estero, il Newcastle.

L’interesse di queste grandi squadre mi fa piacere: se pensano a te vuol dire che vali. Mi alleno ancora più motivato: voglio dimostrare che sia giusto essere accostato a questi top club.

Quanto ti hanno cambiato gli infortuni?

Tanto, anche dal punto di vista umano. Mi hanno insegnato che bisogna sempre reagire con positività, che ti capiti una cosa bella o una brutta. Che bisogna avere equilibrio. Che serve la palestra, anche… Prima ci andavo perché me lo dicevano, oggi ci vado altrimenti non riesco ad allenarmi.

Il primo gol in Conference League, 400 giorni dopo l’ultimo, contro il Trabzonspor è stato un sospiro di sollievo?

È stato un traguardo: la strada che mi ha portato a quel gol è stata lunga e ho passato diversi momenti difficili. Quindi lì ho detto a me stesso: da ora sei tornato davvero a giocare.

La tripletta al Bodo il momento più importante?

Sì, per l’importanza della partita, per la difficoltà della partita, perché all’andata avevamo perso 2-1 quindi dovevamo vincere per forza. È stata una delle notti più belle da quando gioco.

Quando le partite contano diventano più difficili, tu lì ti sei esaltato e noi abbiamo rivisto Nicolò Zaniolo.

È stata la partita perfetta, quella dove ti riesce tutto.

Compresa la prima tripletta tra i professionisti. In mezzo ci sono state anche delle panchine un po’ pesanti, nel derby vinto con la Lazio e poi contro lo Spezia a La Spezia. La panchina non piace a nessuno, ma sei stato bravo a gestire le decisioni del mister.

Le decisioni del mister le accetto, perché… decide lui, anche se il derby avrei voluto giocarlo. Come volevo giocare a La Spezia, contro la squadra della mia città. Penso che tutti al posto mio avrebbero voluto giocare quelle due partite lì. Poi accetto le scelte del mister, se ha deciso così un motivo c’era, però un po’ l’amaro in bocca resta.

Mou, bastone e carota: dice che la gente è ossessionata da te, che dovrebbero lasciarti tranquillo. Poi ti mette seduto in panchina. Cosa ti ha insegnato?

Proprio così, bastone e carota. È un vincente, non servo io a ricordare quello che ha vinto. E mi ha insegnato a entrare in campo nella fase difensiva, dove dovevo migliorare e devo farlo ancora. E mi ha aiutato a gestire certe situazioni: in passato avrei reagito male o peggio per l’esclusione da partite per me molto significative. Lui mi ha insegnato a mordermi la lingua: muto e in campo a lavorare di più.

Ha cambiato spesso modulo. E tu hai giocato dove voleva il mister, anche seconda punta.

Il 3-5-2 non esalta al massimo le mie caratteristiche, io preferisco il 4-3-3 o il 4-2-3-1 però se il mister decide di giocare così e di mettermi lì davanti io devo dare il 100% lì, per la squadra e per raggiungere il risultato…

Dicono che potresti prendere il posto di Dybala.

L’accostamento mi sembra anche eccessivo. Certo, mi fa piacere. Ma lui è unico, un giocatore fantastico, fortissimo. Vediamo. La vita è imprevedibile, in futuro non si sa mai cosa succede. Penso al presente. Mi alleno intanto. E aspetto.

“Dale hermano”, forza fratello, ti ha detto mentre uscivi in barella, la prima volta che ti sei rotto il crociato: Roma-Juve del 12 gennaio 2020. Era lui, te lo ricordi?

Chi se li dimentica quei momenti lì: ero in trance, ma ricordo la sua voce, quella frase.

A proposito di fratelli, a Roma hai trovato Abraham.

Un bravissimo ragazzo, si è ambientato subito, è forte e può migliorare tantissimo. Ed è sempre allegro. È bello giocare con lui, trasmette serenità. Ci siano diverti e penso che in campo abbiamo anche fatto bene.

Sarebbe una di quelle persone che ti mancherebbero, dovessi andare via da Roma?

Se dovessi andar via me ne mancherebbero tante. Lui è una di queste.

Avevi rinunciato all’Europeo per non correre rischi, per dare il tempo al ginocchio di mettersi a posto. Doveva essere il tuo Mondiale, ma purtroppo l’Italia al Mondiale non ci andrà: dispiaciuto o arrabbiato?

Dispiaciuto, perché bisogna aspettare altri quattro anni. Ma si va avanti. Sono abituato a rincorrere. Ci saranno nel mezzo altri obiettivi.

Una Nazionale da ricostruire, dove dovrai tenerti stretto il posto. E dove non ci sarà più Chiellini.

Lui è sempre stato il più difficile da superare, è forte fisicamente e fuori dal campo è una persona eccezionale. La prima volta che Mancini mi ha convocato ero giovanissimo, lui già un senatore. È venuto lì a parlarmi, per farmi sentire subito a mio agio. Grandissima persona, professionista, giocatore. Io farò di tutto per convincere Mancini.

Tu che hai vissuto la delusione e anche la sfortuna, sai che in un attimo tutto cambia, ma sai anche che hai tutto il tempo per rifarti. Sai anche di essere un ragazzo fortunato?

Certo, molto fortunato. Madre Natura mi ha donato un grande talento. Devo essere bravo a custodirlo e non perdere le occasioni che ho per tirarlo fuori.

Quasi un anno fa è nato Tommaso.

Una grandissima emozione, l’emozione più bella della mia vita, la più bella che il Signore potesse darmi. Sono contento di essere padre, certo devo migliorare. Non si nasce bravi o cattivi padri, né imparati. Io voglio essere un bravo padre e ce la sto mettendo tutta per diventarlo.

Che padre vuoi essere?

Voglio che Tommaso cresca come sono cresciuto io.

Amore e pallone? Gliene hai già regalato uno?

No, per il pallone c’è tempo….

E lui cosa ti ha regalato?

Mi regala gioia, ogni volta che lo vedo.

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