La Gazzetta dello Sport (A. Vocalelli) – Passerà alla storia il 2024 della Roma. A metà gennaio era toccato a Mourinho, a metà settembre a De Rossi. Stessa modalità e un unico dubbio: ai tifosi avrà fatto più male il primo o il secondo esonero? Quello di un mito della panchina, a cui il pubblico si era legato visceralmente? O quello di una straordinaria bandiera,, che lo stesso pubblico ha visto crescere sin da quando era bambino, riconoscendosi nella sua leggendaria vena? Nessuno si aspettava di dover rivivere la scena già vissuta con lo Special One. Un divorzio traumatico, con una differenza però sostanziale. Mourinho era ufficialmente a fine corsa ed era chiaro che la sua richiesta di un rinnovo contrattuale sarebbe finita nel vuoto.
Stavolta a decidere sono state – almeno ufficialmente – le prime quattro partite di un percorso che da contratto sarebbe dovuto durare fino al 2027, ben tre anni. I dubbi su alcune operazioni di mercato – resi pubblici in settimana da Totti –, la vicenda Dybala, la questione Zalewski, qualche discussione un po’ troppo accesa con diversi calciatori. E i Friedkin, a cui va comunque riconosciuto di aver investito oltre 100 milioni, dopo quattro anni senza Champions, non se la sono sentita più di aspettare, rischiando di andare incontro a un nuovo autunno. Che a Roma, anche dal punto di vista calcistico, è iniziato troppo presto