Il General Manager della Roma Tiago Pinto, ha parlato sul palco del Social Football Summit che si sta svolgendo allo Stadio Olimpico. Queste le parole del dirigente portoghese:

Non sei solo un ds ma un general manager. Un po’ di tempo fa il ds gestiva alcune dinamiche di spogliatoio mentre ora c’è una super specializzazione. Come è cambiato il tuo lavoro?
“Buonasera a tutti e grazie per l’invito. Penso che questa cosa è cambiata tanto negli ultimi anni anche in Europa. Basta guardare i 20 club di Premier League, il calcio è evoluto tanto. Se non parli le lingue è difficile fare il direttore sportivo perché il mercato è globale. Se non hai conoscenze legali non puoi chiudere la trattativa e se non sai i numeri non sai gestire il FFP. Il mercato incide per il 20-30% sul risultato. Il resto dipende dalle persone che lavorano (circa 100) in una squadra. Ci sono tanti dipartimenti che influiscono sul risultato finale. Tu come GM o ds devi avere le giuste skill e molto diversificate altrimenti è molto difficile”.

Il settore giovanile della Roma è sempre stato florido. Stai pensando alla squadra B?
“Il settore giovanile della Roma ha sempre prodotto ottimi giocatori. Farli esordire come abbiamo fatto noi in prima squadra non è scontato. Questo è un grande lavoro che ha fatto anche Josè Mourinho. Bisogna avere coraggio nel metterli in campo. Si è vero siamo una piazza con tanti grandi giovani ma questa vicinanza con la prima squadra è nuova. Creare ricavi con la vendita dei giocatori è stato merito anche del tecnico e del suo staff. Io vengo da una realtà dove la squadra B è fondamentale ma i miei dubbi sono oggi in Italia con i regolamenti. La prima cosa è che servono tanti soldi per fare la squadra B. Dal mio punto di vista poi c’è l’obiettivo di portare il team in Serie B dalla C. Credo che la seconda squadra possa servire anche a far giocare chi è fuori dal progetto. Io ho trovato a Roma 40 tesserati che non entravano nel gruppo di Mourinho e li abbiamo mandati in prestito. Abbiamo fatto operazioni che ci hanno aiutato ad incassare e tenere percentuali sulla futura rivendita. Nel contesto italiano non sono convinto della squadra B”.

I dati ed il Fair Play Finanziario hanno cambiato il calcio?
“La parte finanziaria dopo il Covid ha cambiato il calcio. La parte economica oggi comanda ed è importante trovare il bilanciamento tra i club ed i paletti interni di Lega e Uefa. Questo ci sta molto cambiando. Sui dati: noi ogni giorno cerchiamo di capire cosa ci possa aiutare a vincere e fare bene. Secondo me è più una cosa che può aiutarci rispetto ad essere fondamentale. Non voglio fare nomi ma anche quei club che dicono che lavorano con i dati e fanno bene prendono giocatori sbagliati come fa Tiago Pinto. Io ho lavorato anche nella Polisportiva del Benfica e i dati sono un cosa che ci aiuta ma errare è umano”.

Cosa non vedono i dati?
“Il successo o l’insuccesso del giocatore dipende da tanti fattori. I dati ti danno tante cose ma serve anche l’occhio. A me non vedrete mai parlare dei talenti scoperti come fanno altri. Il nostro lavoro è trovare il potenziale nel lavoro degli altri. Tutti sapevano chi era Endrick o Kvaratskhelia. Il lavoro però viene bene con una somma di fattori. Lo scouting è fondamentale come i dati. Prendere il potenziale è il 20-30% ma farlo emergere è un’altra cosa. Ci sono giocatori considerati fenomeni che però non fanno bene poi”.

Tu come gm della Roma vedi prima la tecnica o la parte economica?
“Io prima ho detto che facevo il lavoro al 50% di un Ceo e Anna si è arrabbiata. Nello scouting della Roma ci sono 4 livelli per dividere gli obiettivi: A che sono i campioni, AB quelli che potrebbero fare i titolari nella Roma, B che sono utili ma non più forti di quelli in rosa e C quelli che non servono alla Roma. Nel nostro database abbiamo 5mila giocatori. Io penso che il 50% della lista A non la possiamo prendere. Io negli ultimi 3 anni ho dovuto cercare l’equilibrio tra le richieste del tecnico e le capacità finanziarie che abbiamo. Ci sono cose che abbiamo gestito bene come Dybala o Lukaku. Il parametro economico ora è più importante”.

Bisogna prima vendere e poi comprare?
“Io sono portoghese (ride ndr). Si vende sempre prima. Considerando la rosa che abbiamo ereditato con tanti calciatori cronici di infortunio e over 30 più tanti fuori rosa credo che fare in 3 anni più di 150 milioni di vendita è un buon risultato”.

Non ti dà fastidio che questo non venga sottolineato?
“Il tempo ci dirà come è andata la Roma. Quello dimostrerà il nostro lavoro nella Roma negli ultimi 3 anni. Non siamo fenomeni ma fare 150 milioni di vendite e portare tanti giovani in prima squadra così come Dybala, Matic, Wijnaldum  è molto difficile. Ognuno giudica come vuole ma io avevo un grande compito: lasciare la Roma meglio di come l’ho trovata. Finanziariamente non c’è dubbio e continuando così in due anni sarà molto meglio. Penso che anche la rosa sia migliore di quella che ho trovato. Rispetto l’opinione di tutti ma non ci sono dubbi”.

La Roma ha preso Dybala e Lukaku che tutti davano in altre squadre. Possiamo dire che siete stati pronti a sfruttare le occasioni?
“Siamo stati fortunati e gli altri non li volevano (ride ndr). Secondo me questi due esempi che hai fatto, ed aggiungo anche Mourinho a questi esempi, fa capire l’ambizione della proprietà nonostante i paletti che abbiamo. Siamo stati bravi nel timing delle tre situazioni. Non voglio parlare di questo qui ma siamo stati molto svegli ed intelligenti nel timing. Quello che ha fatto la differenza è il lavoro di squadra con la proprietà e l’allenatore. Non voglio fare il paraculo ma un giocatore come Paulo, Romelu o Mourinho sanno che la passione che c’è a Roma non la trovano da altre parti”.

Il timing come è arrivato?
“Ho sempre paura di parlare di queste cose che sono da backstage. Nel caso di Paulo e Romelu, se non lottavamo con i club nella parte iniziale del mercato non ce l’avremmo fatta. In tutti e due i casi abbiamo chiuso la trattativa in 5 giorni. Serve essere veloci per non farsi superare da club con una parte economica maggiore. Ho avuto anche un po’ di fortuna”.

Si parla troppo di soldi?
“Il calcio è un business importante e genera sponsor e tanti soldi. Normale che si parli di questo anche tra i tifosi. Come si vede con l’arabia e la Mls questo può sviluppare anche un progetto sociale. Oggi però è impossibile non parlare di soldi”.

L’ingresso dell’Arabia cambia il mercato?
“A fine anni ’90 o inizio 2000 l’Italia aveva tutti i migliori giocatori del mondo e nessuno diceva che era prepotente. Ora vediamo che la Premier prende tutti quelli che vogliono e nessuno dice che sono prepotenti. La Saudi League per me è una cosa normale con un mercato un po’ diverso. Nelle prossime sessioni di mercato ci sarà anche un effetto sociale tra i calciatori. Oggi il giocatore può andare lì sia per soldi che per il fatto che molti forti sono già lì. Ibanez aveva anche altre offerte ma quando ha visto che Firmino, Mahrez e altri sono lì ha scelto di andarci per condividere lo spogliatoio con giocatori del genere”.

Oggi che c’è uno staff molto nutrito è cambiato il ruolo del ds nei confronti della prima squadra o nel supporto al tecnico?
“Con l’allenatore devi essere l’amico critico. Bisogna essere insieme quando le cose vanno male e bisogna avere la capacità di capire come vanno le cose. Una delle cose difficili, almeno per me da gestire, è la diversità di cose da fare nel quotidiano e ci sono dei giorni che arrivi alla fine e ti chiedi quanto sei stato con tecnico o con gli scout. Ci siamo messi con tante cose e non è semplice ma penso che sia un ruolo insostituibile”.

L’anno prossimo sarai ancora a Roma?
“Questa è la domanda meno importante (ride ndr). Come sai nel pre-partita me lo chiedono sempre, ma come ha detto Mourinho ieri sono molto difensivo. L’importante è la Roma e come strategia stiamo facendo cose importanti per il futuro”.