Sabatini: “Un rimpianto il mancato scudetto con la Roma. Mourinho ha fatto un miracolo contro il Feyenoord”

Walter Sabatini, ex ds della Roma, ha parlato alle frequenze di TMW Radio del suo nuovo libro intitolato: “Il mio calcio furioso e solitario”. Il direttore ha parlato, tra le altre, del mancato scudetto con la Roma e di Mourinho. Queste le sue parole:

Ha detto che si sente colpevole di tante cose, fra cui il mancato scudetto della Roma.
“È un rimpianto, che puntualmente si riaffaccia nella mia mente, anche se devo dire che è stato fatto tutto il possibile. Faccio riferimento all’anno di Rudi Garcia e poi quando è subentrato Spalletti: sono stati fatti 87 e 85 punti, ma non è stato vinto lo scudetto ed è una cosa che ancora oggi mi addolora. Adesso la Roma avrà altre soddisfazioni, magari già quest’anno con altre persone, con Mourinho, perciò i tifosi riescono ad andare avanti. Però quello rimane un rimpianto”.

Cosa ha rappresentato la gestione di Mourinho della gara col Feyenoord?
“Un momento di grande comunione con gli sportivi, con uno stadio intero. Non credo sia stata casuale: Mourinho sa sempre quello che fa, tant’è che la squadra nei supplementari è ripartita con un’altra marcia. Ha fatto un miracolo, a un minuto dal novantesimo la Roma era fuori e poi ha avuto una reazione meravigliosa, ribaltando uno scenario tragico”.

Cosa non ha funzionato nella Roma di Luis Enrique?
“Era un calcio potenzialmente stellare, ma molto difficile da capire e da portare avanti. È stato talmente stressante per lui che a fine anno ci chiese di andarsene: fare calcio a Roma è difficile per chiunque, ma per gli allenatori diventa una sorta di strazio. Luis veniva attaccato da tutte le parti, spesso deriso: non ha accettato di rimanere, con grande rammarico da parte di tutti noi che volevamo a tutti i costi che rimanesse, anche perché la statura morale di Luis Enrique è difficile da trovare”.

È stato un errore riportare Zeman alla Roma?
“No, ha fatto anche cose importanti per la Roma. Ha fatto giocare titolare Marquinhos, un ragazzino di 18 anni: ci vuole coraggio. Ha abituato Erik Lamela ad attaccare la porta, portandolo in doppia cifra di gol. Ha fatto tante cose importanti, poi non ci sono stati i risultati ma non lo vivo come un errore. A un certo punto abbiamo preso una strada negativa, ma il calcio non è solo risultati. E il tanto altro Zeman in quella squadra ce l’ha messa”.

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