Policano: “Roma è una città al di fuori del calcio molto più vivibile. A Napoli diventava più difficile la cosa. Da Lippi in poi ho avuto problemi con gli allenatori. Essendo un osservatore, le statistiche contano poco: si osservano prima le qualità tecniche di un giocatore” – AUDIO

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Roberto Policano, ex giocatore della Roma, è stato intervistato da Teleradiostereo 92.7 durante la trasmissione La Signora in Giallorosso. Queste le sue parole:

In mezzo al campo spiccavi?
“Si, ho sempre un po’ diviso la gente”.

Eri il “caos della tattica”?
“Diciamo che ero indisciplinato, oppure non ascoltavo i consigli dell’allenatore, facevo di testa mia”.

Questo ti ha penalizzato?
“Si e no perché in alcune circostanze dove c’erano allenatore che chiedevano più tattica, forse si, per altri che piaceva il mio essere esuberante è andata bene. Poi dipende anche dalle piazze, in alcune vogliono il giocatore che dà il massimo fino al 95′, maglia sudata e anche se non si fa risultato va tutto bene, poi ci sono piazze dal palato fino che cercano giocatori di qualità”.

C’è qualche allenatore che ti ha detto di fare come volevi?
“No, però l’unico è stato Bianchi al Napoli quando mi ha messo là davanti e mi ha detto di fare quello che mi pareva e mi ha liberato dai vincoli. Poi a Torino con Mondonico dovevo tenere di più la posizione, se non la tenevo avevo chi mi copriva le spalle, sono stato anche fortunato in alcune circostanze. Altri mi hanno costretto a fare quello che chiedevano, non mi dimentico i primi anni che giocavo a Genova con Tarcisio Burgnich che cerva di regolarmi un pochettino e mi ha messo a fare il difensore centrale e mi faceva seguire il giocatore a tutto campo, forse qualcosa impari sotto l’aspetto tattico”.

Burgnich era un difensore a uomo…
“I consigli dovevano essere presi alla perfezione”.

Differenza tra ambiente Roma e Napoli?
“Credo che a livello di calorosità, di tifoseria siamo sullo stesso piano. Chiaramente Roma è una città, al di fuori del calcio molto più vivibile, nel senso che puoi tranquillamente andare al cinema o a fare una passeggiata. A Napoli diventava più difficile la cosa. Quasi tutti eravamo relegati in una parte di Napoli, vivevamo fuori dalla città perché questo calore alcune volte era un pochino, non dico pesante, però contribuiva a sentire di più lo stress, il caricarsi della partita”.

Squadre più importanti, Genoa, Roma, Torino, Napoli, chi tifi?
“Ti dico la verità, seguo con affetto tutte e 4 le squadre. Il Genoa un po’ meno anche se è stata la società che mi ha lanciato. Ho fatto un anno di Serie B e tre anni di Serie A con problemi con la società, con la tifoseria per colpa di qualche presidente che ha detto che io sono voluto andare via a tutti i costi quando è lui che si è messo in tasca dei bei soldi. Anche lì hanno una tifoseria molto importante, attaccata alla squadra però è quella, delle 4, che mi ha lasciato meno”.

Quanto c’è Roma-Torino per chi tifi?
“Siamo quasi al 50%. Io a Torino ho fatto le mie migliori stagione ed è quella che mi è rimasta più a cuore”.

Roma-Napoli?
“E’ una bella cosa, io a Roma ho fatto un terzo posto il primo anno di Liedholm che era impensabile e li è stata una grandissima soddisfazione. Ho avuto il piacere di riconoscere un presidente che nella mia vita è stato il migliore, Dino Viola. Quindi Roma grandi giocatori: Pruzzo, Boniek, Giannini. Poi arrivi a Napoli dove va via Maradona, quindi quasi tutto quanto l’entusiasmo va via, iniziamo malissimo e rischiamo di retrocedere quell’anno e poi arriva Lippi e da lui in poi ho avuto problemi con gli allenatori”.

Eri una persona esuberante?
“Non è un fatto di essere stato esuberante. E’ che ad un certo punto del mondo del calcio subentrano persone e personaggi come i procuratori, che pur di far giocare il proprio assistito cominciano a dire dicerie sugli altri e si arruffianano gli allenatori. Io ho avuto questo problema, ma non l’ho mai detto e mi sono sempre fatto gli affari miei, mi sono allenato e ho cercato di farmi sempre trovare pronto”.

E’ vero che eri pieno di donne?
“Assolutamente no. Ho potuto avere delle fan, ma niente di più”.

L’allenatore più simpatico e quello più antipatico?
“Ti posso dire con certezza quello più simpatico: Liedholm. Anche se con lui non ho giocato molto, mi ha insegnato tanto. Quello forse più antipatico è quello con cui ho avuto più screzi, cioè Marcello Lippi. Non perché sia antipatico, ma lo possiamo definire il meno simpatico”.

Il giocatore più amico?
“Quelli con cui ho legato di più sono stati due. All’inizio a Torino con Roberto Cravero e poi a Napoli con Roberto Bordin. Sono quelli che sento ancora. Anche Renato Portaluppi a Roma è stato molto simpatico con me. Qualcuno fu invidioso del suo arrivo in elicottero (ride ndr)”.

Mentre quello/i più antipatici?
“Ce ne è stato uno a Roma, ma non faccio il nome”.

Infatti non dirci il nome ma il cognome…
“Daniele Massaro”.

Come hai vissuto lo spogliatoio della Roma?
“Io l’ho vissuto molto bene quello spogliatoio. Lo dico con sincerità. Renato i primi quattro mesi ha fatto il giocatore esemplare. Poi il giorno in cui ha capito che c’era qualcuno che gli tirava contro, ci ha detto: “Ragazzi sai che vi dico io esco tutte le sere”. Così ha fatto”.

Questo qualcuno chi era?
“Questo seriamente non lo posso dire, sono di parola”.

Ma Portaluppi era forte?
“Era fortissimo”.

Te cosa gli hai detto a Renato?
“Che doveva continuare a fare il professionista fino alla fine, poi i fatti gli hanno dato ragione. Era un mezzo matto e non ha voluto dare retta a nessuno”.

Ora cosa fai?
“Io lavoro ad Udine da nove anni come osservatore. Sono sempre in giro”.

Quindi sei stato tu a mandare via Sabatini perché vuoi lavorare nella Roma…
“No, assolutamente no (ride ndr)”.

Cosa pensi di Sabatini?
“Sabatini ha dimostrato di saperci fare. Ha portato tanti giocatori, ha fatto tantissime plusvalenze. Per un direttore sportivo più di questo non poteva fare. Poi chiaramente si poteva vincere qualcosa in più. Società che avevano più potere rispetto alla Roma non hanno vinto lo stesso. La Roma non avrà vinto ma almeno ha portato a casa dei soldini”.

Come ti sembra Barreca del Torino, visto che fai l’osservatore ed è stato accostato alla Roma?
“Barreca è sicuramente un giocatore importante. Io credo che potrà giocare in palcoscenici più importanti rispetto a quello di Torino. Anche se il Toro è una grande squadra e sta facendo bene”.

Nel mondo del calcio conta di più la statistica o l’occhio umano?
“Per me la statistica conta fino ad un certo punto. Perché alla fine contano i risultati e cosa si porta a casa a fine campionato. Se dobbiamo acquistare un giocatore non guardiamo le statistiche ma andiamo a vedere quali sono le sue caratteristiche tecniche”.

Il carattere di un giocatore conta?
“Il carattere è da valutare, ci sono molti fattori”.

Eri un terzino, ora chi è che ti potrebbe assomigliare di più?
“Ora purtroppo di terzini ce ne sono pochi. L’Italia ce lo insegna. Spero che ne possano crescere altri e di migliori, perché adesso siamo in difficoltà in questo ruolo”.

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