Corriere dello Sport – Pjanic, gioco e assist: la Roma già dipende da lui

All’uscita dallo stadio di Siena, in un freddo da lupi e dopo una partita da agnellini, era tra i più arrabbiati. Aveva giocato male, come tutta la Roma, e non riusciva a capire perché. Oggi pomeriggio, contro il Parma, Miralem Pjanic cercherà di spiegarsi sul campo, di dimenticare reagendo. All’Olimpico ha segnato tutti e tre i gol della sua vita romanista: sarebbe felice di allungare la serie. Proprio al cospetto di Giovinco, esempio di giovane talento che si è imposto nonostante le difficoltà.

UOMO ASSIST – Si è specializzato nei passaggi vincenti: finora sono stati sette, calci d’angolo compresi. Ma è un perfezionista, non è mai contento di sé:  «Vorrei essere più decisivo, soprattutto davanti alla porta » ha raccontato nelle scorse settimane. Centrocampista, trequartista, tutto:  «Non conta il ruolo, conta l’interpretazione del ruolo. Se gioco a centrocampo, devo essere più bravo a inserirmi negli spazi per essere pericoloso» . Ne ha parlato a Luis Enrique, negli ultimi tempi si è preso più libertà di attaccare. In certi momenti delle partite, Pjanic avanza tra le linee e si sistema dietro ai tre attaccanti, trasformando la Roma del 4-3-3 in una squadra super offensiva: 4-2-1-3. (…)

GLI ERRORI – Lunedì scorso, dopo un inizio incoraggiante, anche Pjanic è andato a sbattere contro la muraglia eretta da Sannino incappando nella peggiore partita del suo campionato. Su un campo stretto, con le vie centrali intasate, si è spento, afflosciato. Non ha avuto neanche modo di ferire il Siena su punizione, perché nelle due circostanze in cui il calcio da fermo è stato assegnato in zone interessanti, hanno calciato Totti e Lamela. E non è un caso che con lui si sia addormentata tutta la Roma. La giovane Roma già dipende da lui, come da Totti e De Rossi.  «Vorrei che tutti i giocatori seguissero l’esempio di Pjanic: piccolo e leggero, ha un’intensità e una capacità di lottare incredibili» disse Luis Enrique dopo Roma-Milan, uno dei punti più bassi della stagione. L’emblema del suo atteggiamento è il gol contro il Cesena: un tiro respinto, una palla recuperata, una sassata di sinistro dritta in porta. Questo vuole l’allenatore, che in questi giorni si è lamentato durante gli allenamenti proprio perché non vedeva la giusta intensità nel lavoro. Troppi sorrisi, poca determinazione. (…)

MATRIMONIO – Non si è pentito, mai, di aver scelto la Roma nell’ultimo giorno possibile, il 31 agosto, e di aver lasciato il Lione che è ancora in corsa in Champions League. Giudica questa tappa, che sia intermedia o definitiva, fondamentale per la sua maturazione professionale. Il suo progetto è vincere qui, in una città e in un ambiente che già lo adorano.  «Ho firmato un contratto di quattro anni e intendo rispettarlo, sono felice nella Roma. Roma è un punto d’arrivo per qualsiasi giocatore» . Ormai capisce l’italiano e lo parla discretamente. Gli manca solo una grande soddisfazione da condividere con la squadra. Intanto prova a battere il Parma. In Champions, poi, conta di tornarci presto anche partendo dagli spogliatoi di Trigoria.
Corriere dello Sport – Alberto Ghiacci

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