Il Messaggero (A. Angeloni) – La costruzione dal basso, la qualità nelle mezze ali, l’inventiva e la forza là davanti. Così, con queste caratteristiche tecniche, doveva essere la terza Roma mourinhana. Una squadra che sappia vincere con la forza dei calciatori e non tanto con quella del gioco, e questo è il credo di Mou da sempre, o quasi. Un’idea che lo Special aveva messo in piedi, con giocatori diversi, il 5 febbraio del 2022, in una fredda notte di Genova. Marassi, stadio Luigi Ferraris, la Roma affrontava il Genoa di Shevchenko. La squadra di Mou stava cambiando pelle, già nella partita precedente, a Venezia, il tecnico aveva abbandonato la difesa a quattro per proporre quella a tre. I giocatori, disse, si sentivano più sicuri. Difesa a tre non più abbandonata, tranne in rarissime situazioni di gioco all’interno di singole partite.

Il 3-5-2 è diventato il marchio di fabbrica , anche lo scorso anno, pur essendo diventato con il passare dei mesi più difensivo che offensivo e ricorderemo alcune partite lacrime e sangue (vedi Leverkusen) che hanno aiutato la Roma a toccare la seconda finale europea di fila, a Budapest contro il Siviglia. Con il mercato di quest’anno, siamo tornati alle vecchie intenzioni, il problema è che per un motivo o per un altro, gli uomini di qualità Mourinho non ce li ha avuti e a Torino, e ad esempio, ha inserito El Shaarawy (e non Bove) proprio per non perdere quella qualità su cui vuole puntare. Il regista attuale, Paredes, ha caratteristiche diverse dai play del passato (Cristante e Matic), è più votato a giocare in avanti che indietro. Lo spirito, dunque, non cambia, è diventata una questione di equilibrio, dovuta soprattutto alla condizione fisica dei presenti, sempre al limite.