La Gazzetta dello Sport (M. Cecchini) – Il conflitto fra Russia e Ucraina, infatti, ha fatto tornare la guerra sul tavolo del confronto fra gli stati, spiazzando l’opinione pubblica mondiale. Probabilmente, uno dei pochi a non essere rimasto sorpreso del fatto che il conflitto armato possa ancora contrapporre due popoli, è proprio Henrikh Mkhitaryan che, da simbolo dell’Armenia, da anni si batte perché cessi il rumore delle armi tra il suo Paese e l’Azerbaigian, che dal 1992 – con interruzioni e riprese – battono per la zona del Nagorno Karabakh.
Inutile dire che il calcio sembra piccola cosa davanti a problemi del genere, ma di sicuro pochi in Armenia possono essere stati migliori ambasciatori di pace rispetto al centrocampista della Roma, anche se proprio la scorsa settimana ha deciso di lasciare definitivamente la sua nazionale, a 33 anni, dopo 95 presenze e 32 reti, che lo hanno consacrato come il miglior marcatore del suo Paese.
Quasi una promozione sul campo per un attaccante che nella scorsa stagione aveva chiuso con 15 gol e 13 assist all’attivo. Numeri “monstre”, che gli sono valsi il prolungamento di contratto annuale a cifre assai importanti.
Nessuna sorpresa che un rendimento del genere mettano fra parentesi qualsiasi discorso relativo all’età. Così le statistiche rivelano come Mkhitaryan sia entrato in una speciale graduatoria di nobiltà europea. Infatti, l’armeno – che contro l’Atalanta ha tagliato il traguardo delle 250 partite nei massimi campionati europei (nel suo caso Germania, Inghilterra e Italia) – dal 2013-14 è fra i quattro centrocampisti che hanno segnato almeno 60 gol e fornito 60 assist. La compagnia è di altissimo livello, visto che al suo fianco ci sono soltanto Payet (Marsiglia), De Bruyne (Manchester City) e Di Maria (e Psg)