Montella: “Totti è la Roma. Con Capello dovevamo vincere qualcosa in più”

Vincenzo Montella, allenatore del Catania, ha iniziato la carriera a Roma, dove aveva terminato l’esperienza da calciatore dieci anni dopo il suo arrivo. Considerato da molti la vera sorpresa di questo campionato, avendo portatogli etnei all’ottavo posto dopo 30 partite, il tecnico campano parla del suo passato da calciatore a Roma. Queste le sue parole a Mediaset Premium:
La Roma di Capello era davvero una squadra fortissima. Avessimo avuto un’altra testa, un’altra mentalità, avremmo potuto vincere molto piu’ di un solo scudetto , eravamo i più forti. Ripensandoci, però, forse e’ stato meglio così; perchè vincere uno scudetto a Roma è qualcosa di unico e irripetibile. Ricordo che ero con Totti, Candela e altri compagni in un ristorante di Roma: la gente lo venne a sapere e si creò una calca tale che fummo costretti ad uscire dal locale scortati dalla polizia“.
Montella, inoltre, paragona due grandi campioni con il quale è stato compagno di squadra, due numeri dieci molto importanti: Roberto Mancini e Francesco Totti:
Mancini era un giocatore straordinario e godeva quasi piu’ nel far segnare un compagno che nel fare gol lui stesso, e in qugli ho beneficiato ampiamente di questa sua attitudine.
Totti invece e’ il massimo esponente della romanità, anche a livello internazionale. Dopo 15 anni eccezionali ha sempre quel modo di giocare ‘simpatico’ che riesce a far presa anche sui ragazzini. Quando smetterà, per i tifosi della Roma non sara’ un momento facile, perche’ Totti e’ l’emblema del club. Totti è la Roma“.
Infine l’ex numero 9 della Roma ricorda una tra le partite più importanti della sua carriera da calciatore, che lo farà rimanere per sempre nel libro dei record del derby romano e nei cuori dei tifosi giallorossi, e cioè quel Lazio-Roma 1-5 del 10 marzo 2002 in cui segnò quattro reti ai biancocelesti:
Ancora oggi, a dieci anni di distanza, i tifosi della Roma me lo ricordano, non la smettono di ringraziarmi ed è una cosa che mi fa piacere. E pensare che, lì per lì, quei 4 gol non riuscii nemmeno a godermeli troppo: avevo un carattere introverso e freddo che non lasciava spazio a entusiasmi particolari. Un peccato, oggi sicuramente vivrei un’emozione così ben più intensamente“.

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