La Gazzetta dello Sport – Infront con i capitali cinesi dà ora l’assalto alla Champions

Diritti tv

Infront non si ferma più. Dopo aver messo le mani su grosse fette del marketing sportivo internazionale, e sui business più pregiati del calcio italiano, adesso è pronta a una nuova fase di sviluppo. Gli obiettivi? La Champions e gli stadi. È questo il senso profondo del cambio di proprietà che era nell’aria da mesi e che adesso è ufficiale: Infront Sports & Media, cioè il gruppo con sede in Svizzera di cui Infront Italy è una branca cruciale, è stato ceduto da Bridgepoint a Dalian Wanda Group per un miliardo e 50 milioni di euro.

SVILUPPO Da un fondo d’investimenti europeo a un colosso cinese dell’edilizia e della finanza, posseduto da Wang Jianlin, il quarto uomo più ricco nel paese del Dragone. La novità sta nel fatto che l’acquisizione è stata accompagnata dal varo di un piano di sviluppo quinquennale che promette scintille. Fino al 2020 non cambierà nulla dal punto di vista manageriale. Il presidente Philippe Blatter, nipote del boss Fifa, e Marco Bogarelli, numero uno italiano, sono confermatissimi proprio per i risultati raggiunti: nel 2011 Bridgepoint rilevò Infront da Jacobs Holding AG, Junkermann Group e Martin Steinmeyer per 600 milioni di euro, adesso la società vale quasi il doppio grazie all’inarrestabile crescita del fatturato che nel 2014 ha sfondato il muro degli 800 milioni e alla sempre maggiore redditività (oltre 80 milioni di margine operativo lordo). I vertici dirigenziali resteranno al loro posto ma avranno una nuova missione da compiere: crescere ancora e raggiungere il primato del mercato dei diritti tv e delle sponsorizzazioni nello sport, detenuto dall’agenzia americana Img con un giro d’affari di 1,3 miliardi comprese le attività extrasportive.

RICADUTE In società profittevoli come Infront l’arrivo di un nuovo azionista è sempre salutato con entusiasmo perché presuppone capitali freschi da investire. A maggior ragione considerando la liquidità e le ambizioni di Wanda, intenzionata a espandersi nell’entertainment e nello sport come dimostra la recente acquisizione del 20% dell’Atletico Madrid. Quali ricadute ci saranno sul calcio italiano? Una cosa è certa: Infront, già advisor della Lega Serie A per i diritti tv, già partner commerciale della Figc, già detentrice di contratti di marketing e sponsorizzazione di una decina di club di A, ha intenzione di allargarsi ulteriormente. Suonano profetiche le parole pronunciate da Bogarelli nell’intervista alla Gazzetta dello scorso novembre: «Ci muoviamo in base alla profittabilità del business, che significa far consumare più calcio. La mia agenda non è di controllo ma di profittabilità. Siamo in vendita tutti i giorni, anche adesso: ci sono cinesi e americani interessati che vogliono sapere quanto Infront crescerà nel futuro. Figurarsi se mi fermo». In ballo non c’è solo l’Italia ma l’intera Europa. Adesso Infront ha le spalle coperte da un gruppo che fattura 32,2 miliardi di euro e che punta entro il 2020 a toccare gli 80 miliardi. Pertanto l’agenzia di marketing busserà presto all’Uefa per provare a entrare nel business della Champions League. E torna alla mente la proposta di Bogarelli di riformare la coppa tagliando le piccole nazioni e dando più posti a quelle grandi: 6 italiane di diritto al pari di spagnole, inglesi, tedesche e francesi. Insomma, nuovo format e più soldi alle nostre squadre.

STADI Infront proverà inoltre ad ampliare il suo raggio d’azione. Wanda è specializzata nell’immobiliare (ha in portafoglio 71 alberghi, 6.600 cinema e 99 magazzini nella sola Cina) e può offrire esperienza e capitali per la costruzione di nuovi stadi e parchi tematici, a patto che siano integrati in progetti dalla forte connotazione commerciale. Chissà se il calcio italiano saprà cogliere questa opportunità. E se riuscirà anche a trarre beneficio dall’origine dei nuovi padroni di Infront. La Cina è un mercato quasi vergine nel settore media e sport: si stima che varrà 600 miliardi di dollari quando sarà liberalizzato. Ma la Serie A dovrà cambiare passo per internazionalizzarsi. Non basta Wanda

La Gazzetta dello Sport – M. Iaria

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