Il dilemma del Mancio

Il Messaggero (A. Angeloni)  – Sono i giorni di crisi, di tristezza e riflessioni, degli allenamenti che nessuno ha più voglia di fare, finalizzati a una partita, Turchia-Italia, a Konya martedì, che in pratica è un’amichevole (vale per il ranking). Roberto Mancini è tormentato: resto, vado. Aspetta. Non ha fretta, coma la Figc. La squadra, da lui, ha percepito subito dopo il fischio finale della sfida del Barbera che non c’era grande possibilità di continuare insieme (“vi vorrò sempre bene“), è stato troppo grande il botto.

Mancini davvero non se lo aspettava, e dopo la sconfitta era un pugile suonato. Ieri a Coverciano ha mostrato l’altro lato del carattere, ha cercato di dare forza al gruppo, come se si sentisse ancora (e di fatto lo è) il ct. Ma in realtà sta solo pensando e non vuole sbagliare. Si chiede i pro e i contro di una decisione.

Da una parte pensa che il suo percorso sia al capolinea, anche se sono in tanti a volerlo trattenere, dall’altra crede che il progetto da lui cominciato può avere un futuro. La decisione spetta a lui, insomma.
E adesso, la Figc si trova a dover percorrere un doppio binario: cercare di convincere Mancio a restare e allo stesso tempo sondare un altro terreno, più di un altro terreno. Per il presidente Gabriele Gravina esiste un progetto fino al 2026, anno in cui scade il suo mandato e per lui non ci sono motivi di continuare senza l’attuale commissario tecnico. Perderlo, significherebbe aprire una crisi più grossa di quella che è.

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