Gerson. Il doppio rifiuto e quella sfida ai campioni

Corriere dello Sport (M.Filacchione) C’è una storia da dimenticare e una da ricucire. E forse il momento è questo. Un anno e mezzo fa Gerson era un gioiello diciottenne cresciuto nel Fluminense, voluto da Sabatini e acquistato dalla Roma a peso d’oro, sedici milioni abbondanti, vincendo la concorrenza del Barcellona. Un talento dal sinistro felpato, lucido nell’assist, sicuro nell’uno contro uno, geniale nelle soluzioni da trequartista, nazionale Under 20 del Brasile. Questa è la storia a cui riagganciarsi. Tutto ciò che al ragazzo è successo in questi diciotto mesi rappresenta l’incubo da dimenticare. Preso nell’agosto del 2015, fu lasciato al Fluminense fino al gennaio del 2016. Arrivato a Roma, scoprì di dover fare subito le valigie, e qui cominciarono i problemi. La Roma non aveva posti liberi per i giocatori extracomunitari, proponeva quindi sei mesi a Frosinone. Marcão, il papà-procuratore di Gerson, disse no grazie, meglio il Fluminense per altri sei mesi.

CON I LEONI – Tornato a Roma un anno fa, il ragazzo trovò in panchina Luciano Spalletti e dall’incontro non sbocciò nulla di buono. Il tecnico non lo “vedeva”. Gli concesse giusto qualche apparizione in Europa League e pochi minuti in campionato. Finché non arrivò il match più importante, con la Juve a Torino: per motivi ancora insondabili, il tecnico prese il cerbiatto Gerson dal dimenticatoio e lo buttò in un’arena di leoni. Lì, sulla destra, vittima di Alex Sandro e di raddoppi indiavolati, Gerson toccò 14 palloni anonimi. A ben guardare non fece neanche gravi danni, ma assurse a emblema negativo della sconfitta.

ALTRO NO – Qualche giorno dopo la magra torinese, si trovò sul mercato invernale. Massara, successore di Sabatini, trovò l’affare da non perdere: il Lille era disposto a prendere il brasiliano in prestito, cinque milioni subito e altri 13 al riscatto. Tutto fatto in pochi giorni, anzi no: Gerson e Marcão arrivarono a Lille, guardarono, parlarono e decisero di ritornare a Roma

PROSPETTIVE – Di lì in poi il brasiliano è sparito dai radar, “bruciato” da una storia tutta sbagliata. Poi è arrivato Di Francesco: forse il filo delle promesse e delle prospettive, spezzato l’anno scorso, può essere riannodato.

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