Diritti tv, la Serie A deve decidere se fare la rivoluzione

Corriere della Sera (M. Colombo – D. Sparisci) – Che ressa a centrocampo, la Serie A torna ad essere un bocconcino appetitoso. C’era il rischio concreto che il nostro calcio perdesse il valore nei giorni cupi del lockdown, quando il futuro era incerto e i diritti tv erano in pericolo. La mancata rata versata da Sky, il decreto ingiuntivo chiesto dai club, lo spettro di un bando per il triennio 2021-2024 al ribasso disegnavano un panorama denso di dubbi. La vittoria del presidente della Lega Serie A Paolo Dal Pino è stata quella di aver attirato attorno al pallone i più importanti fondi di private equity del mondo. Nell’assemblea che andrà in scena oggi in un hotel milanese, la Lega di Serie A si trova davanti a un bivio cruciale per le proprie ambizioni di accorciare il gap con il resto d’Europa. lunedì all’advisor Lazard sono arrivate le proposte di sei fondi: Cvc, Bain ed Advent, tutti in corsa per creare con la Confindustria del pallone una media company partecipandovi con una quota minoritaria non superiore al 15%. È la via auspicata da Dal Pino, affiancato dai grandi club (Juventus, Inter, Milan, Roma, Torino). L’obiettivo dei fondi è incidere in maniera determinante sui mercati che contano. Servono però risorse e strutture. Ad esempio, in Spagna 500 persone lavorano per vendere le licenze della Liga, in Italia sono 40-50. La strategia di Cvc è quella di creare un sistema in grado di sopravvivere ai grandi cambiamenti del sistema tv e incrementare i ricavi. La piattaforma per avviare un sistema di abbonamenti in streaming (per il triennio 2024-2027) sarebbe già in casa. La condivisione del potere però non piace a tutti. Aurelio De Laurentiis ad esempio pensa che si debba aprire ai fondi solo in qualità di finanziatori. A Lotito e alle società medio-piccole piace l’idea di una partnership industriale (con Wanda Infront o Mediapro ad esempio) per la realizzazione del canale.

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