Dal voto contrario al «no» che diventa «sì»: Virginia e i suoi cambiano idea ogni giorno

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Il Tempo (M.Fondato) – Il 22 dicembre 2014: nonostante sia scoppiato il bubbone dell’inchiesta su Mafia Capitale, Ignazio Marino è ancora saldamente alla guida dell’Amministrazione e riesce a far approdare in aula Giulio Cesare la proposta 163 dal titolo «Stadio della Roma a Tor di Valle – Studio di fattibilità. Dichiarazione di pubblico interesse della proposta, ai sensi della legge n. 147/2013, art. 1,c. 304, lett. a.» Il provvedimento viene approvato con 29 voti favorevoli, 3 astenuti e 8 contrari. Tra questi ultimi ci sono Marcello De Vito, oggi probabile presidente dell’Assemblea Capitolina, Daniele Frongia probabile capo di gabinetto, Enrico Stefano, possibile vicesindaco e naturalmente Virginia Raggi, attuale sindaco di Roma. Un voto coerente con una posizione già espressa dal Movimento il 17 luglio dello stesso anno: «Inutile sottolineare come in questo periodo, di aumento di tasse per i cittadini, ipotizzare la realizzazione dello Stadio della Roma nell’ex ippodromo di Tor di Valle è una follia, sia per i costi preventivati, sia per l’impatto urbanistico conseguente la realizzazione di tutta una serie di opere di viabilità, con relativi appalti e colate di cemento su tutto il quadrante interessato».

Durante la campagna elettorale l’argomento è stato centrale e la posizione della Raggi, inizialmente rigida nel confermare la sua contrarietà, via via diventa sempre più sfumata. A marzo, intervenendo a Radio Radio disse: «Lo stadio lo facciamo da un’altra parte, a Tor Vergata e senza uffici, perché quella è speculazione edilizia». Il tempo (e lo staff) portarono consiglio, gli angoli si smussano e l’allora candidata il 24 maggio a Teleradiostereo divenne meno netta: «Noi siamo d’accordo per lo stadio della Roma, come saremmo d’accordo per quello della Lazio, purché si rispettino le regole». Stesso concetto ribadito ad Agorà l’8 giugno. Due giorni dopo, intervistata da Giovanni Floris a Unirete davanti alla delicata platea degli industriali usò parole simili: «Lo stadio per me si può fare se rispetta i limiti di legge e i vincoli del Prg». Al ridosso del ballottaggio, pungolata continuamente dal suo competitor Roberto Giachetti, che trasforma la questione in una sorta di referendum, Virginia assume una posizione di apertura molto chiara girando un video e pubblicandolo sulla propria pagina Facebook. «Ho visto qualche cartello circolare sui social in base al quale io sarei contro lo stadio della Roma e il Pd di Giachetti sarebbe a favore. È l’ennesimo esempio di come il Pd scappi dai temi romani e ne strumentalizzi altri cercando di trasformare il ballottaggio in un referendum, prima sulle Olimpiadi, adesso sullo stadio». Il 15 giugno la Raggi si trova a rispondere alla minaccia di una possibile causa da parte della Roma qualora il progetto venisse stoppato. «Qui il dibattito non è tra Roma e la Roma – proseguì – ma fra la città e una società americana che legittimamente vuole investire all’interno della nostra città. Quindi quello che noi diciamo e diremo a chiunque è che gli investimenti vanno fatti purché si rispetti la norma. Questo stadio deve rispettare la legge e le norme del piano regolatore generale perché questi due criteri non si possono accendere e spegnere ad uso e consumo di chi governa. Per noi questi sono due principi fondamentali che vanno rispettati in ogni caso». Chiaro? Si, fino agli interventi del futuro assessore Berdini.

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