Da Carew a Riise fino a Solbakken: tre modi diversi per dire Norvegia

Il Messaggero (A. Angeloni) – Rune Bratseth, norvegese, giocava nel Rosenborg quando fu accostato per la prima volta alla Roma, ed è accaduto anche mentre vestiva la maglia del Werder Brema. Il tormentone Bratseth ce lo siamo portato avanti per anni, puntualissimo, ogni estate. Ma Rune quella maglia non l’ha mai vestita. È rimasto un miraggio, lui il primo norvegese a non vestirsi di giallorosso. Il primo è arrivato davvero nel 2003, quando Solbakken aveva cinque anni.

Un ragazzone di 195 centimetri, calato nella Capitale all’insaputa di tutti. Fabio Capello aspettava Ibrahimovic, invece Franco Baldini si inventò John Carew, norvegese-gambiano. In una partita in casa contro la Reggina, segna e corre sotto la Sud, prendendo a calci un secchione pieno d’acqua. La foto è memorabile. Anche i giganti buoni si arrabbiano.

Ben più lunga – tre anni, 2008-2011 – la storia di John Arne Riise, che addirittura sfiora lo scudetto con la Roma. Tre stagioni intense, 99 presenze e 7 reti. Gioca sempre, una specie di Iron Man, veniva chiamato anche Thunderbolt, per il suo sinistro fulmineo: durante un ritiro con la sua nazionale stava per “perdere la testa” a causa di un fortissimo trauma cranico. Ha indossato il caschetto per qualche partita, poi ha preferito fare senza, sfidando il destino. Memorabile il suo gol contro la Juve a Torino con il quale la Roma di Ranieri continua a sognare lo scudetto.

Ed eccoci al terzo norvegese, Ola Solbakken, che fa gol alla prima da titolare. Sempre all’Olimpico, come Carew. La Roma lo ha scoperto come suo carnefice e ora lo sta riscoprendo. La Norvegia, alla fine non è poi così lontana. Solo per Bratseth.

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