Bomber Dzeko al top della Roma

Corriere dello Sport (R.Maida) – In un certo senso, non c’è mai stato nessuno come lui. E no, non stiamo celebrando Totti, che ha fatto piangere Roma per una domenica intera dopo averla deliziata per 25 anni. Totti è il re di Trigoria, il migliore di sempre in tutto quello che fa, ma Edin Dzeko è il re del campionato: con un’altra performance sontuosa ha appiccicato addosso alla squadra il bollino spedizioni per la Champions League, godendosi contemporaneamente anche il trono dei cannonieri.

DETERMINANTE – Ha vinto, alla fine, la classifica di specialità, che meritava senza possibilità di equivoco per il numero di giornate in cui l’ha condotta. Dopo una stagione nefasta, che gli aveva insinuato dubbi su una persa competitività, Dzeko si è scrollato di dosso la polvere inglese e ha trasferito tutto il suo potenziale sull’elemento italico. L’avesse perso in casa all’ultima giornata, lo scettro del gol, sarebbe stato come se Dumoulin si fosse fatto beffare a Milano nella crono che assegnava il Giro d’Italia. Territorio suo, come per Dzeko il giardino più confortevole è il tappetino verde dentro all’area di rigore, che gli ha consentito di segnare la stragrande maggioranza dei gol fino al totale di 29 in campionato. E sono soprattutto 39 in stagione, coppe incluse. Nessun altro giocatore della storia del calcio italiano si era spinto così in alto, nemmeno fenomeni del calibro di Angelillo, Nordahl, Higuain e Cavani, che al massimo si erano arrampicati sullo scalino numero 38.

ONORI – Nella serata del tributo al più grande calciatore della storia della Roma, anche Dzeko si è garantito un posto imperituro nei cuori dei tifosi e soprattutto negli annali romanisti. Settimo capocannoniere giallorosso della Serie A, ha raggiunto oppure superato (le statistiche discordano) Rodolfo Volk nella classifica domestica. Succedendo proprio a Totti nella lista dei migliori realizzatori del campionato che vestivano la maglia della Roma. Gli altri cinque eroi del gol sono ovviamente Volk e poi Enrique Guaita, Dino Da Costa, Pedro Manfredini e Roberto Pruzzo, che vanta il primato di tre premi di marcatore più prolifico.

ABBRACCI – E dalla partita che non poteva finire male, per tutto ciò che la precedeva e tutto quello che avrebbe generato, Dzeko esce sorridendo con in braccio la sua Una, un anno e mezzo di pepe e allegria, aspettando il secondogenito che Amra, l’emozionatissima moglie scesa sul campo insieme con le altre compagne dei giocatori, sta per regalargli. Non aveva ancora segnato al Genoa, unica squadra di Serie A che gli aveva resistito. Beh, stavolta Dzeko ha esagerato perché, dopo il gol che ha riacceso l’Olimpico dopo il black-out provocato dal bambino Pellegri, è entrato di prepotenza nella partita come uomo squadra. Ha sbagliato un paio di occasioni, ok, che avrebbero accelerato l’approdo in Champions League. Ma quando si è trattato di usare la testa, o se del caso i piedi, ha azzeccato tutte le scelte. Il gol di De Rossi, provvisorio 2-1, nasce da un controllo volante accompagnato da un assist che pochi centravanti avrebbero pensato. E il 3-2 di Perotti, l’history-man che sbuca dall’ombra contro i vecchi amici, è soprattutto nella spizzata di Dzeko. Non è come quella volta a Manchester, nel 2012, con la rimonta e il sorpasso al QPR che valsero il primo campionato vinto dal City dopo 44 anni. Ma negli occhi un po’ furbi e un po’ commossi di James Pallotta, che alla fine lo ringrazia con sincerità, si legge tutta l’importanza di un risultato speciale. Era il Totti day ma è stato anche il magnifico giorno di Dzeko.

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