«Bandiera» Pjanic. Con i nerazzurri storia mai banale

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La Gazzetta dello Sport (D.Stoppini) – E siccome nei giorni del dopo Isabel pare che non ci sia altra scienza al mondo oltre l’etimologia, forse val la pena dilettarsi un po’ intorno al portabandiera della Roma. Sì, perché Pjanic di nome fa Miralem, «emir alem», il «portabandiera dell’impero» appunto, il «principe di tutti gli stendardi». E la metafora veste bene il profilo di un centrocampista che tanto fa e tanto fa bene. Fa l’interno di un reparto a tre, salvo alzarsi e divertirsi da trequartista. Fa gli assist e i gol, 11 tra Serie A e Champions: mai così tanti in carriera nella stessa stagione. È la bandiera, quando sventola lei sventolano pure i compagni.

INTER, NO GRAZIE Certo, Luciano Spalletti mica pensa al nome quando affida la Roma a Pjanic. Pensa ad altro. Pensa alla testa del bosniaco, pensa a linee di passaggio che in pochi leggono, in pochi intravedono. Il modo in cui Pjanic è entrato in campo domenica scorsa a Udine ha stregato l’allenatore, che non a caso ha detto: «È stata una delle chiavi della vittoria». Lo sa mezza Europa, questo segreto. Intorno al bosniaco in estate si scatenerà un’asta — Psg e Chelsea in prima fila —, chissà se la Roma avrà la forza di resistere. Chissà se conterà anche la parola del giocatore. E se stupirà tutti, come fece da giovanissimo. Era il 2007, Pjanic aveva solo 17 anni ma nel Metz aveva già fatto capire che razza di bandiera era. L’Inter di Moratti e di Mancini gli mandò segnali, lui preferì le comodità del Lione per continuare il processo di crescita. E da quel giorno, crescita in effetti è sempre stata. All’Inter, una stagione fa, segnò pure una doppietta. A fine ottobre rimediò un’espulsione che gli costò il derby, stavolta ci arriva in diffida. Un pensiero in più, per chi di pensieri vive nei 90 minuti.

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