L’analisi SWOT del calcio italiano durante il Covid-19 tra debiti, incertezze, nuovi stadi e la possibilità di adottare modelli sostenibili

Pagine Romaniste (Massimiliano Rossi) La SWOT analysis è ormai parte integrante delle soluzioni di marketing moderno. L’analisi completa e approfondita di tutti i punti di forza, i rischi, le opportunità, le minacce che si possono presentare nel momento in cui un’organizzazione o un individuo deve prendere una decisione per raggiungere un obiettivo. Il primo passo di una pianificazione strategica per poter poi lavorare nella migliore efficienza verso il traguardo. L’obiettivo è quello di dare consapevolezza all’azienda calcio italiano, di cosa è e dove si trova. Ma anche di agevolare dei processi virtuosi per migliorare ogni debolezza e ridurre le minacce.

PUNTI DI FORZA

LA STRUTTURA DI ALCUNE SOCIETÀ, LA CAPACITÀ DI AMMORTIZZARE LE PERDITE E CREARE VALORE D’IMPRESA

A fare da apripista nel campo dell’abbattimento dei costi e della creazione di valore d’impresa ci ha pensato la Juventus, con un accordo che prevede la rinuncia a una mensilità e mezza di emolumenti e la spalmatura di ulteriori due mensilità e mezza, così da alleggerire il prossimo bilancio di 1/3 delle spese annuali destinate al personale (con un risparmio assicurato dell’ordine del 6-8% su bilancio annuale). Ancora più ambiziose ed efficienti le misure messe in campo dalla Roma: la rinuncia potenziale a quattro mensilità, se il campionato venisse definitivamente fermato, o di una mensilità con spalmatura delle altre tre nel caso in cui dovesse riprendere, potrebbe garantire un risparmio di oltre 30 milioni di euro. L’ulteriore passo in avanti consiste nella compensazione, a carico dei calciatori, della differenza retributiva subita dal personale del club oggetto di cassa integrazione guadagni. A questo vanno aggiunte le numerose iniziative intraprese da Roma Cares in soccorso delle fasce di abbonati particolarmente colpite e penalizzate dall’emergenza sanitaria e che hanno creato una rete di presenza costruttiva non solo nella comunità di tifosi, ma anche in quella dei cittadini romani. In altre parole, alcune società di calcio (Roma in testa) hanno negli anni realizzato una struttura capace di valorizzare i propri asset strategici, con l’impiego di tutte le leve della comunicazione integrata d’impresa.

LE SPONSORIZZAZIONI

Anche questo settore accuserà una forte contrazione, non solo in termini di mancate nuove sponsorizzazioni, ma anche di revisione dei contratti di lungo periodo già in essere. L’Italia, tuttavia, potrebbe sfruttare un piccolo vantaggio rispetto alle altre “Big Five” europee (Inghilterra, Spagna, Germania e Francia): quello di avere una più elevata percentuale di marchi di prodotti domestici che meno risentiranno dell’impatto nefasto della crisi economica legata al Covid-19 (marchi legati al settore agro-alimentare in primis). La carenza di stadi di proprietà, con gli introiti di marketing ad essi connessi, preserverà il calcio italiano da un impatto economico gravoso nel settore, rispetto a quanto avverrà in altri paesi (vedi l’Inghilterra), dove questa leva costituisce un’importante fonte di ricavi.      

PUNTI DI DEBOLEZZA

L’INDEBITAMENTO DELLA SERIE A

Due miliardi e mezzo di debiti, in aumento quasi del 50% negli ultimi 5 anni: questi numeri rendono la Serie A uno dei campionati maggiormente indebitati del Vecchio Continente. Un’esposizione pericolosa se alle porte si intravede un periodo di forte contrazione dei ricavi, inevitabile conseguenza della crisi sanitaria in essere. A peggiorare il quadro, il depotenziamento della più corposa leva d’entrata: quella delle plusvalenze. Uno shock economico di tale portata, infatti, provocherà un drastico crollo del valore di mercato dei calciatori con ridimensionamento dei relativi ingaggi. Se il primo aspetto comporta l’immediata impossibilità di fare cassa alle stesse condizioni di quando si è fatto l’investimento sul cartellino del calciatore, l’alleggerimento sul bilancio derivante dal calo del costo del personale è differito, stante la durata pluriennale dei contratti in questione.

UNA RIDOTTA INTERNAZIONALIZZAZIONE

Il termine “pandemia” implica un’estensione globale della crisi sanitaria. Ciò nonostante, l’impatto del Covid-19 differisce da paese a paese per intensità, tempi e durata. Alcuni avranno una ripresa delle attività economiche più rapida rispetto ad altri e le aziende che possono contare su una forte internazionalizzazione delle loro attività beneficiano del vantaggio di differenziare geograficamente le loro fonti di ricavo, minimizzando così i rischi di un default economico. In questo senso, l’Italia del calcio soffre di un gap evidente rispetto a paesi come Inghilterra e Spagna, che hanno conquistato ampie fette di mercato in altri continenti: la prima per una intrinseca forza di sistema, la seconda grazie al traino di brand forti come quelli del Barcellona e del Real Madrid. La Serie A, al contrario, concentra i suoi ricavi extranazionali limitatamente al mercato europeo, peraltro colpito con particolare durezza dalla crisi sanitaria e in procinto di conoscere un’altra grave crisi sul piano economico (la Bce avanza una stima negativa del PIL pari al 15%). Questo aspetto rende il calcio italiano vulnerabile, soprattutto se i ritardi nella ripresa delle competizioni sportive contribuiranno a far perdere ulteriori quote di mercato al nostro sistema.    

OPPORTUNITÀ

L’UNIONE DI INTENTI

La comunione di intenti manifestata in seno alla Lega Calcio, dopo i tentennamenti iniziali, sulla necessità di riprendere l’attività sportiva in tempi rapidi fa ben sperare. La lotta per la sopravvivenza implicita nell’emergenza sanitaria Covid-19 ha spinto i club a fare sistema, cosa che poche volte è avvenuta nella storia del calcio recente. La comprensione dell’opportunità di uno spirito collaborativo per far fronte alle nuove sfide, economiche e non, potrebbe promuovere stabilmente un nuovo atteggiamento costruttivo e strategico, con enorme vantaggio per il sistema calcio italiano.

GLI STADI DI PROPRIETA’ 

Pensare agli impianti sportivi in un periodo in cui è impossibile per i tifosi condividere la loro passione allo stadio può sembrare contraddittorio, ma la visione del futuro spesso è in grado di coniugare felicemente difficoltà e opportunità. Non è un caso che l’emergenza Covid-19 stia spingendo il Governo ad adottare provvedimenti per fronteggiare la drammatica crisi economica (stime ribasso PIL vicine alla doppia cifra), con una serie di misure volte a sburocratizzare la pubblica amministrazione e rendere quindi più celeri gli investimenti infrastrutturali, anche con misure economiche di sostegno (finanziamenti a tasso agevolato e prestiti a fondo perduto). In fase di studio ci sono anche misure per facilitare la costruzione di stadi di proprietà: la crisi economica offre quindi il contesto più fertile per ottenere condizioni estremamente favorevoli al rinnovo dell’impiantistica sportiva e tempistiche compatibili con la fine dell’emergenza Covid-19. In questo modo, si potrebbe anche recuperare l’enorme divario di ricavi da stadio che il calcio italiano soffre rispetto ai principali campionati europei (la Serie A incassa 277 milioni da questa voce: metà rispetto alla Liga spagnola, addirittura 440 milioni meno della Premier inglese e 228 meno della Bundesliga).       

MINACCE

LO SCOLLAMENTO IN ATTO TRA CLUB E TIFOSI

Nonostante gli sforzi portati avanti da alcuni club (Roma e Juventus su tutti) per operare in prima linea a sostegno della fasce più colpite dall’emergenza Covid-19, con misure di supporto per ospedali, anziani in difficoltà, dipendenti posti in cassa integrazione guadagni e studenti in fasce deboli sprovvisti degli strumenti necessari per la didattica a distanza (utilizzando quindi tutte le leve della comunicazione integrata d’impresa), i tifosi faticano a schierarsi dalla parte dei club nella battaglia per la ripresa dell’attività sportiva, depotenziando così la forza contrattuale delle squadre di calcio nei confronti delle istituzioni, riluttanti alla piena ripresa del campionato italiano (aspetto che individua un ulteriore punto di debolezza).

IL RAPPORTO CONFLITTUALE CON LE ISTITUZIONI POLITICHE

La difficoltà nell’applicare il protocollo sanitario Figc-Cts è la punta dell’iceberg di uno scontro che ha visto protagoniste le istituzioni calcistiche e quelle politiche fin dagli albori dell’emergenza sanitaria. Il rimpallo della responsabilità nel decretare lo stop al campionato ora si ripresenta sulla riapertura, abilmente camuffato dalle maglie più o meno stringenti del protocollo in questione. Una situazione che aggiunge incertezza a incertezza, proprio in una fase dove una massiccia dose di chiarezza sarebbe opportuna per programmare il futuro economico del nostro calcio che, senza una pianificazione dettagliata e credibile, rischia il collasso.

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