La Gazzetta dello Sport (E. Esposito) – La fede calcistica ha la sua sacralità, tanto che per molti è l’unica cosa che nella vita non si cambia, assieme alla mamma. Le circostanze possono però portare a smussare l’indole più viscerale della passione e cancellare il cosiddetto “tifo contro”. È quello che è successo a Andrea Abodi e Giovanni Malagò, rispettivamente tifosi di Lazio e Roma nonché Ministro dello Sport e presidente del Coni. Già, c’è un derby anche ai vertici dello sport italiano, rappresentato da due romani quasi coetanei, con tante cose in comune e qualche sostanziale differenza. A noi ne interessa una, quella che domani pomeriggio porterà uno a trattenere il fiato per la squadra di Sarri e l’altro a stringere i denti per quella di Mourinho.

È chiaro, visti i loro ruoli devono essere imparziali e decisamente superiori a certe dinamiche “pallonare”. Ma nessuno ha ceduto alla fin troppo facile tentazione di rifugiarsi in quasi sempre pretestuoso: “Io non tifo”. L’ipocrisia non fa per loro, persone politicamente attente che sanno che certi passi indietro sono più rischiosi di una genuina e comprensibilissima presa di posizione. Soprattutto se, come nel loro caso, si accompagna ad una storia istituzionale in cui il tifo non ha mai trovato neanche il minimo spazio. Lo ha spiegato bene una volta lo stesso Malagò: “Il più grande errore è nascondere la passione per una squadra, non accetto che qualcuno faccia finta di non tifare niente. Uno deve essere serio. Io sono della Roma, ma sono più uno sportivo che un tifoso”. Ecco, così si è davvero credibili.