La Gazzetta dello Sport (F. Balzani) – A Roma lo chiamavano Terminator perché in campo non evitava lo scontro. Antonio Carlos Zago ha giocato cinque stagioni nella capitale, vinto lo scudetto del 2001 e collezionato 37 presenze con la Seleção, prima di proseguire la carriera in Turchia, Giappone, Spagna e Brasile e di diventare allenatore anche della Bolivia. In questi giorni è tornato a Roma prima di fare ritorno a San Paolo: “In Italia torno appena posso, è la mia seconda casa”.

Sono passati 25 anni dall’ultimo scudetto. Può essere la volta buona per il quarto?

È giusto sognare quest’anno, perché non vedo una padrona del campionato. E poi è passato troppo tempo”.

La sua Roma, invece, quando l’ha capito che era arrivato il momento giusto per vincere?

Forse Parma-Roma, vinta in rimonta. Ma già l’arrivo di Batistuta fece capire che stava cambiando qualcosa. A darci una spinta maggiore fu il fatto che lo scudetto della Lazio non lo avevamo digerito”.

A distanza di 26 anni ci racconti bene cosa è successo con Simeone nel derby?

Lui provocava e, per difendere Marcos Assunção, nacque un litigio finito in una cosa che non mi appartiene, gesto di cui mi sono pentito, anche se poi mi è successo altre volte”.

Si riferisce all’accusa di razzismo in Brasile nel 2006?

Ero fuori di me, però ho chiesto scusa più volte”.

Lei si rivede in qualche calciatore di oggi?

Sto vedendo una crescita in Mancini. Ha la cattiveria giusta e potrebbe anche diventare un gran capitano”.

In quella Serie A c’erano tanti campioni. Qual è stato quello che l’ha fatta arrabbiare di più?

Li facevo arrabbiare di più io. Tuttavia, il più duro da marcare era Ronaldo. Del Fenomeno ho ancora gli incubi di quel 4-5 all’Olimpico. Un altro che ci creava tante preoccupazioni era Shevchenko. Ma noi avevamo Francesco Totti”.

A proposito, ma è vero che Totti parlava nel sonno e non la faceva dormire?

Purtroppo sì! Una notte urlò: “Passami la palla, passami la palla”. Io andai a calmarlo e riprese a dormire regolarmente. Ma io non riuscivo a riposare, così chiesi di cambiare stanza. Dall’anno dopo Totti dormiva da solo”.

Rimpianti?

Alla Roma nessuno, davvero. Non vedevo l’ora di stare a Trigoria, eravamo un gruppo magnifico. Con il Brasile, invece, il non aver vinto il Mondiale. Nel 1994 mi infortunai allo zigomo. Nel 1998 Zagallo decise di non chiamarmi, mentre nel 2002 attraversavo un periodo difficile perché avevo perso mio papà”.

Come mai non è mai rimasto a lungo in un posto?

A Roma sarei rimasto a vita, ma nel 2002 decisero di non rinnovare il contratto”.

Zeman, Capello e Lucescu. Ci regala un aggettivo per tutti e tre?

Zeman era uno che sapeva guardare oltre. Non ho mai visto nessuno allenare la fase offensiva come lui. Capello era un duro, ma anche uno che sapeva come gestire un gruppo con forti individualità. Lucescu è un maestro, ti educava alla vita”.