Vucinic e il fattore Stadium. «Se ce l’avesse la Roma…»

vucinic spalletti

La Gazzetta dello Sport (F.Conticello) Mirko Vucinic ciondola da più di due anni negli Emirati: all’Al-Jazira può continuare in ciò che gli riesce da sempre, centellinare il talento che possiede in dosi uniche. La grinta, però, si è vista quando serviva nei 6 anni passati a Roma e nei 3 a Torino. Sono le città in cui ha speso le energie migliori, ma con risultati assai diversi: tre scudetti alla Juve, zero in giallorosso. Sabato il 33enne montenegrino vedrà con curiosità la «sua» partita e, intanto, ha una spiegazione sul perché di tanta differenza nel curriculum: «Posso dire che a Torino si sentono meno radio che a Roma…».

Ecco, Vucinic, le solite radio dei tifosi: le sentivate molto?
«No, ogni tanto ci scherzavamo sopra durante gli allenamenti, le sentivamo in macchina andando a Trigoria. Nulla che non ci facesse dormire, ma alla fine le chiacchiere ti arrivano sempre all’orecchio e, magari, ne patisci. In generale, possiamo dire che la differenza è l’ambiente e l’abitudine a vincere. Nulla di nuovo, a Roma ci sono spesso troppe pressioni: non è una giustificazione per i giocatori, ma questo a volte si paga».

Pensa che cambierà mai?
«Certo, è solo questione di tempo: anche io ho sfiorato più volte la vittoria là, ma mancava sempre un zero virgola. Spalletti potrebbe averlo trovato adesso: vedo una squadra che gioca benissimo, esprime il calcio migliore in Italia, ed è bellissimo guardarla anche in tv».

Vede anche differenze tra questo Spalletti e quello che le urlava dietro quando lei non rientrava?
«Certo, con l’età si matura e si cresce, ma Spalletti è stato sempre un grandissimo allenatore: non credo gli si possa rimproverare niente. Sia la mia Roma che questa sono squadre di altissimo livello».

E che differenze tra la sua Juve e questa altrettanto cannibale?
«Forse adesso ci sono più campioni e più alternative. La società è cresciuta al punto tale che è difficile contenderle la leadership. Pensate solo agli acquisti di Higuain e Pjanic, due fenomeni: come si fa a criticarli? Era ovvio che gente così risolvesse le partite al momento giusto».

Chi, invece, può essere letale in casa giallorossa?
«Faccio altri due nomi, negli stessi ruoli dei giocatori della Juve: Dzeko e Nainggolan, l’attaccante e il trequartista. Per me tutta la sfida si gioca là. E poi molto dipenderà dalla capacità della difesa della Juve, che è sempre fortissima, di resistere alla pressione giallorossa. Personalmente, spero in un pareggio: così ci sarà ancora campionato e ci divertiremo tutti».

Ha mai pensato a questa sfida se anche la Roma avesse un suo stadio?
«Farebbe tutta la differenza del mondo. Quando sono entrato in campo allo Stadium la prima volta è stata subito una scossa. Se la Roma avesse il suo stadio, avrebbe tanti, tanti punti in più in classifica. Almeno una decina a campionato. Anzi, forse avrebbe questo benedetto scudetto».

Veniamo agli spogliatoi: analogie e differenze.
«Alla Juve i leader sono sempre gli stessi, a partire da Buffon. Non mi sorprende che sia ancora il migliore. Ma non è vero che lo spogliatoio della Roma sia così tanto diverso o più sfaldato: anche là le responsabilità si dividono. Dietro Totti arriva sempre De Rossi e non solo».

Tanti di quelli che hanno giocato con lei, alla Roma o alla Juve, dicono che era uno dei più forti in assoluto. E allora perché sabato non sarà in campo allo Stadium?
«È il solito discorso, forse mi è mancata fame e cattiveria, ma non è una colpa e, soprattutto, non ho rimpianti. Magari potevo fare una carriera diversa però adesso, anche se mi manca un po’ l’Italia, sto benone ad Abu Dhabi. Sono fatto così, che c’è di male?»

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