Viktoria Plzen-Roma. Le furie ceche

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AS Roma Match Program (T.Riccardi) – Da ventitré anni sono stati indipendenti, con capitali distinte e capi di governo differenti. L’una confina con l’altra, convivono parlando la stessa lingua, ma ognuno resta a casa propria. Repubblica Ceca e Slovacchia dal 1993 non sono più unite sotto il nome di Cecoslovacchia. È storia della politica internazionale, la scissione avvenne in modo naturale e pacifico, evitando catastrofi come nella ex Jugoslavia. Ma per la Roma  – divisione o meno – la tradizione europea contro le squadre delle zone del Viktoria Plzen non è mai stata particolarmente positiva. Prima del sorteggio dei gironi dell’Europa League, sono stati sette gli incroci contro formazioni cecoslovacche, ceche e slovacche e solo in due occasioni la squadra giallorossa è riuscita a portare via la qualificazione. Pensare, poi, che in principio le premesse sembravano completamente differenti. È il 1931, la Roma mette il naso fuori dai confini nazionali per la prima volta. Già, perché dopo quattro anni la fondazione del 1927, i capitolini debuttano in una competizione europea: la Coppa dell’Europa Centrale. L’avversario di turno è lo Slavia Praga, un sodalizio che farà piangere lacrime amare ai romanisti una sessantina di anni dopo. Ma andiamo con ordine. Il 7 luglio il gruppo allenato da Herbert Burgess scende in campo sul terreno dello Slavia. La gara termina 1-1, il primo sigillo continentale è firmato Rodolfo Volk. Il pubblico di casa – scrivono le cronache dell’epoca – fischia i giocatori locali e applaude quelli provenienti dall’Italia. Al ritorno – a Campo Testaccio il turno lo passa la Roma vincendo in rimonta con Costantino e ancora Volk.

È da quel momento che si abbatte una sorta di maledizione sulla Roma. Negli anni successivi gli incontri di coppa non regalano sorrisi, quando a contendere un passaggio del turno sono club della Cecoslovacchia, l’esito è (quasi) sempre avverso. Nel 1936, ancora in Coppa dell’Europa Centrale, lo Sparta Praga elimina la Roma dal torneo nei quarti di finale. Nel 1960 e nel 1967 lo spauracchio è lo Spartak Trnava, che in due occasioni butta fuori la Roma dalla Mitropa Cup. Si arriva al 1996, quarti di finale di Coppa Uefa. Il sorteggio rimette lo Slavia Praga sul percorso romanista, quella stessa formazione affrontata nel ’31 che tenne la Roma al battesimo in Europa. Stavolta le vicende non hanno un lieto fine. Tutt’altro. Roma-Slavia Praga resta una delle pagine più amare del corso recente. L’andata a Praga finisce 2-0 con i sigilli di Poborsky e Vagner. Nel match di ritorno la Roma tenta la grande rimonta e ci riesce. Ma solo parzialmente. Moriero fa lo stravedere segnando e mettendo in subbuglio la retroguardia dello Slavia. Giannini, sotto la Sud, realizza di testa il punto del 2-0 che permette di andare ai supplemetari. Nei trenta minuti extra, ancora Moriero fa tris e sembra mettere un’ipoteca sulla qualificazione. Poi, però, arriva la beffa. Quella che nessuno si aspetta a risultato acquisito. Tale Jiri Vavra gela l’Olimpico con un diagonale beffardo, che Cervone non riesce a intercettare. Oggi, a cercare notizie di Vavra in rete, escono solo pagine romaniste che ricordano quel momento infausto. Wikipedia gli dedica una riga definendolo “un ex calciatore ceco, di ruolo centrocampista”. Punto. Non si sa che fa e che ruolo abbia assunto nel pianeta terra una volta appesi gli scarpini al chiodo.

Solo con il Kosice la Roma passa il turno nel 2009 nei play-off di Europa. Tuttavia, nel 2011, il tabù dell’ex Cecoslovacchia torna d’attualità prepotentemente contro lo Slovan Bratislava in un altro play-off di Europa League. È la prima Roma di Luis Enrique con tanti giovani in rosa e un’identità ancora da costruire. Il gruppo guidato dallo spagnolo paga dazio, permettendo agli slovacchi di andare a dama contro ogni pronostico. Una partita che, a distanza di cinque anni, viene ricordata più per il cambio Totti-Okaka e per un video post gara che fece il giro del web di un tifoso che sottolineò negativamente l’ingresso in campo del giovane Verre, allora diciassettenne. Un filmato che suscitò tanta ilarità in rete, ma che di comico e divertente aveva veramente poco.

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