Valverde. Il preferito di Cruyff che piace tanto al Barça

Corriere dello Sport (A. De Pauli) – Il vero carattere di una persona viene fuori quando il sangue ribolle nelle vene. Quale miglior momento, quindi, per valutare un allenatore, se non immediatamente dopo il fischio finale di una partita? Eccoli tutti lì, a recriminare per la decisione contraria dell’arbitro, per l’errore del singolo costato la vittoria o per la sfortuna, che come sempre ci vede benissimo. Poi c’è Ernesto Valverde, che inizia a ragionare candidamente a voce alta, senza risparmiarsi, quando è necessario, pure qualche autocritica. Merito di un temperamento portato alla serenità, che riesce a trasmettere alle sue squadre e ai tanti giovani che di anno in anno riesce a valorizzare. Una calma che permette loro di crescere, rendere al meglio e dar vita a un gioco allegro ed efficace.

LA NUOVA PATRIA – Dalla ruvida regione dell’Extremadura, il buon Ernesto ben presto si trasferisce a Vitoria, capoluogo dei Paesi Baschi, dove vive la sua formazione come giocatore di spiccato talento. Il Txingurri, la “formica”, da probabilmente il meglio di sé una volta indossata la casacca dell’Espanyol, con cui vive un lutto sportivo che, una volta rielaborato, forse rappresenta uno dei segreti della sua invidiabile stabilità emotiva. Finale di Coppa Uefa 1988: 3-0 per i catalani a Barcellona, 3-0 per il Bayer a Leverkusen e capitolazione definitiva ai rigori. Valverde, in tuta, piange amaramente. Infortunato. Infortuni che lo perseguitano anche nella successiva esperienza nel Barça, anche per colpa di Cruyff, che va pazzo per lui e lo espone a continue ricadute pur di utilizzarlo. L’olandese, comunque, gli lascia in dote la sua filosofia, una Coppa delle Coppe e una Coppa del Re.

IL BUON MAESTRO – Gli ultimi anni del Txingurri professionista vanno in scena a Bilbao, luogo dove inizia ad allenare nelle categorie giovanili. Di qui un certo feeling con i ragazzi, chiedere, per rimanere all’immediato presente, a Iñaki Williams, Muniain, Lekue e Yeray. Quinto posto al primo anno, poi di nuovo all’Espanyol, per un’altra finale di Europa League, persa ai rigori col Siviglia. Uno sfortunato passaggio per Villarreal, quindi tre scudetti, due con tanto di doblete, in Grecia, con l’Olympiacos, ed eccolo di nuovo a Bilbao, previo passaggio per Valencia. Con il suo spettacolare 4-2-3-1, mette fine al lungo digiuno dei leoni baschi, durato ben 31 anni, aggiudicandosi il doppio confronto di Supercoppa di Spagna con il Barcellona. Club, che tra l’altro, ha bussato alla sua porta almeno in tre occasioni: quando si è ammalato Tito Vilanova, quando ha miseramente fallito il Tata Martino e, qualche settimana fa, dopo l’annuncio dell’adios di Luis Enrique. I blaugrana attendono ancora una risposta. 

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