Uva: “Lo stadio è decisivo, ora chiarezza”

Michele Uva, dirigente sportivo italiano, ha rilasciato alcune dichiarazioni al giornale Corriere dello Sport sullo stadio della Roma. Queste le sue parole:

Michele Uva, sta seguendo il caos dello stadio della Roma?
«Ovviamente. La materia mi interessa, soprattutto per il mio ruolo di direttore generale della Figc ma anche con gli occhi di chi ha un passato da esperto Uefa di infrastrutture».

Che idea si è fatto del progetto Tor di Valle?
«Io ritengo che non possa diventare un campo di scontro politico: gli amministratori devono pensare al bene dello sport e anche della collettività. Questo è un investimento privato che porta benefici a tutta la comunità sul piano occupazionale e sociale. Perciò è imbarazzante che venga bloccato dalle beghe politiche. Si smetta di litigare, si apra un confronto aperto e si pensi alla gente».

Perché Juventus, Udinese e Sassuolo non hanno avuto problemi nei rispettivi viaggi verso lo stadio di proprietà?
«E’ semplicissimo: hanno trovato le istituzioni, Comune e Regione, sulla stessa linea. Il loro progetto è stato condiviso. Non hanno neppure avuto bisogno di sfruttare la legge sugli stadi, che impone 14 mesi al massimo per espletare le pratiche burocratiche».

Con la Roma siamo andati molto oltre.
«Appunto. E’ incomprensibile, o meglio inaccettabile, che i giochi politici frenino un progetto già presentato. Non esiste il “Si può fare però…”. Se l’amministrazione comunale ritiene che siano necessari degli aggiustamenti, fornisca le prescrizioni che servono ai proponenti per adeguarsi. Altrimenti il calcio italiano, che è indietro di 20 anni rispetto al resto d’Europa, non recupererà mai il gap, a danno dei tifosi e della cittadinanza».

Perché la giunta Raggi non si esprime in maniera chiara?
«Bisognerebbe chiederlo a loro. Ma è arrivato il momento di stabilire le prescrizioni di cui sopra e di renderle pubbliche, in modo che vengano recepite. A quel punto non ci sarebbero più scuse e finirebbe lo stallo».

La Roma può fungere da traino per le altre società italiane?
«Già la Juventus lo è stato. Gli stadi nuovi portano benefici facilmente misurabili in termini di ricavi e comfort. La Roma non può essere fermata nella sua crescita da vincoli legati alla politica. Sono felice che altre squadre stiano lavorando sui propri iter, ad esempio l’Empoli e la Fiorentina».

Quanto nuoce questa situazione alla Federcalcio, con gli Europei italiani che si avvicinano?
«Stiamo dando una brutta immagine dell’Italia all’estero. La costruzione di uno stadio di proprietà è un regalo alla città oltre che un diritto dei club e dei cittadini».

Gli stadi di proprietà sono ancora una conditio sine qua non per ridurre il gap con i grandi club stranieri?
«Senza alcun dubbio. Ci sono due filoni di investimento che possono colmare lo svantaggio. Uno riguarda la valorizzazione dei settori giovanili, l’altro proprio le infrastrutture».

Cosa può fare la Figc per aiutare i club?
«Sugli stadi niente, a parte un po’ di moral suasion mediatica. Sui vivai invece già molto abbiamo fatto sotto il profilo normativo. E guardando i giovani italiani in rampa di lancio, mi pare che dei risultati importanti siano stati raggiunti».

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