Corriere dello Sport (R.Maida) – E’ business abbinato al sentimento, stavolta. Le necessità commerciali degli sponsor hanno oscurato il senso del primo soprannome della Roma, spolverando magliette verdi, grigie, nere, blu che poco avevano a che fare con le intenzioni dei padri fondatori. Ma adesso, grazie all’iniziativa del club, i Giallorossi tornano prepotentemente a richiedere la giusta considerazione, ricordando ai giovani perché in quella magica riunione del 1927 si decise che la società nascente avrebbe sbandierato certi colori.
FUSIONE – La Roma è un mare di passione nato dallo scorrere di tre fiumi pre esistenti, che si chiamavano Fortitudo Pro Roma, Alba Audace e Roman, con l’idea di costituire una squadra che potesse contrastare l’egemonia dei club del Nord Italia. E così Italo Foschi, allora segretario della federazione romana del partito fascista, nonché presidente della Fortitudo e membro del Coni, si incontrò con il collega dell’Alba, l’onorevole Ulisse Igliori, fissando l’atto costituitivo della nuova società, con la prospettiva di iscriversi in tempo al campionato di Divisione Nazionale 1927/28 (la Serie A a girone unico sarebbe nata due anni dopo). Come colori, si scelsero il giallo e il rosso non tanto perché una delle tre società progenitrici, il Roman, era giallorosso, ma perché il giallo e il rosso erano i colori della bandiera della città. E sapete perché la città di Roma ha questi colori? Il giallo è in omaggio al becco delle oche che nel 390 a.C. avvertirono con il loro verso dell’arrivo dei Galli mentre il rosso è il colore del sangue degli animali che venivano sacrificati sul Campidoglio.
SIMPATIE – Il richiamo alla tradizione, tanto più in epoca fascista, richiamò immediatamente l’attenzione degli appassionati di calcio. Prima della Roma, nella capitale c’erano quattro squadre. E la quarta era ovviamente la Lazio, nata nel 1900. In realtà Foschi, in qualità di presidente della Fortitudo, aveva discusso anche l’ipotesi di una fusione con la Lazio, ma le parti non trovarono l’accordo economico: c’erano dei debiti da pagare che rendevano complesso l’affare. L’intesa invece fu rapida con un dirigente del Roman, Renato Sacerdoti, che era un ricco banchiere e finanziò la neonata Roma con 500.000 lire, all’epoca una cifra enorme. La prima distanza tra Lazio e Roma, in pratica, è stata determinata da una questione di soldi.