Pagine Romaniste (G. Rufino) – La sconfitta contro un Cagliari più concreto che davvero superiore rilancia interrogativi profondi sulla Roma e sulla direzione intrapresa. Non è il risultato in sé a far rumore, quanto la sensazione di una squadra che, ancora una volta, fatica a trasformare possesso e volume di gioco in pericoli reali. L’ennesima prova di sterilità offensiva racconta di un problema strutturale: poca incisività negli ultimi trenta metri e una prevedibilità che gli avversari hanno imparato a leggere con disarmante facilità.

L’espulsione di Çelik al 52’ ha certamente condizionato la gara, lasciando i giallorossi in dieci per tutto il secondo tempo, ma non può bastare come alibi. La prestazione, complessivamente sottotono, ha messo in luce una squadra che ha reagito poco, quasi sorpresa dalla cinicità di un Cagliari mai irresistibile ma molto più efficace nelle scelte. È mancata intensità, ma soprattutto quella capacità di “accendersi” che solitamente permette alla Roma di compensare lacune strutturali con personalità.

In quest’ottica, il futuro immediato si complica: il Bologna, impegnato con la Lazio, potrebbe superare la Roma per differenza reti in caso di vittoria, aggiungendo ulteriore pressione in una corsa europea che non ammette passi falsi. La sconfitta in Sardegna deve allora essere letta come un campanello d’allarme: serve ritrovare brillantezza offensiva, ma anche un’identità precisa e riconoscibile. Perché senza una svolta, più mentale che tecnica, rischia di non essere solo una giornata storta, ma un segnale preoccupante per ciò che verrà.