Tutti gli attriti Pallotta-Sabatini

pallotta_sabatini

Corriere dello Sport (R.Maida) – Il 20 gennaio Rodolfo D’Onofrio, presidente del River Plate, annunciava il passaggio dell’attaccante Lucas Boyé alla Roma. Ma Boyé, classe 1996, considerato uno dei migliori talenti d’Argentina, a Trigoria non ha mai messo piede. Ed è finito al Torino, dove ha contribuito a distruggere la Roma in campionato. «E’ stata quella la causa scatenante del mio addio» ha spiegato Walter Sabatini che sintetizza in un acquisto saltato per scelte aziendali l’allontanamento ideologico dal presidente Pallotta.

RADICI – Forse non è casuale che proprio dopo Torino-Roma, appena fuori dalla porta degli spogliatoi, Sabatini abbia anticipato l’imminente separazione a un paio di cronisti che lo incalzavano. Ma non è stato, naturalmente, soltanto Boyé a spingerlo via dalla Roma. La rottura si era consumata in maniera irreparabile già dieci giorni prima, sempre a gennaio, quando Pallotta si definì «disgustato » per la partita giocata dalla squadra contro il Milan e ordinò, senza neppure telefonare al diretto interessato, l’esonero immediato di Rudi Garcia. Sabatini era contrario. Non certo per disistima di Spalletti, che anzi ha incensato e abbracciato pubblicamente ieri pomeriggio prima di lasciare Trigoria a bordo della sua Smart. Ma perché riteneva fosse opportuno aspettare giugno prima di cominciare un nuovo progetto.

RAPPORTI – Lì probabilmente si è sentito scavalcato e ha capito che il suo regno stava finendo molto prima della scadenza naturale del contratto. Ha continuato a fare il suo lavoro con passione, curando il mercato fino agli ultimi giorni d’agosto come conferma l’arrivo di un suo vecchio pallino, cioè Bruno Peres, sempre dal Torino. Ma l’allargamento dei centri di potere, la costruzione di una struttura più parallela che complementare, non erano accettabili per un personaggio che per due anni e mezzo – coincisi integralmente con l’era Garcia – è stato molto più di un direttore sportivo per la Roma: in tanti momenti ha ispirato scelte tecniche, mediatiche e persino logistiche della società. Quando si è trovato davanti il famoso database di Alex Zecca, l’onnipresente collaboratore di Pallotta mai nominato nella conferenza stampa di addio ma facilmente riconoscibile tra le righe, Sabatini ha constatato che Trigoria non era più il suo territorio esclusivo. E le prime voci su un ritorno di Franco Baldini, secondo i maligni già molto influente nella scelta di Spalletti, hanno accelerato un finale inevitabile. Sabatini aveva confessato che si sarebbe dimesso già nel 2013, dopo la dolorosa sconfitta del 26 maggio contro la Lazio, se non fosse stato preceduto da Baldini. In due non potevano rimanere, neppure adesso.

PER APPROFONDIRE LEGGI ANCHE

I più letti