Il Romanista – Totti è sempre la «gioia» di Zeman

Di sicuro si sono fatti più di qualche risata quando hanno letto e sentito che tra loro «già c’è aria di bufera». La verità non potrebbe essere più lontana. Perché la verità è che tra Francesco Totti e Zdenek Zeman esiste un legame talmente forte che non si esaurisce né in 90 minuti di partita né in una, nessuna e centomila pagine di giornale. Perché solo loro due sanno che tipo di rapporto li lega. E non da oggi e neppure da ieri e l’altroieri, cioè da quando l’allenatore preso «per tenere fuori Totti che non resisterà alla sua preparazione fisica» ha detto di aver visto proprio lui, Totti, «meglio di 13 anni fa». Niente di inaspettato, per chi ha visto la partita di Francesco contro il Rapid Vienna. Un esterno a tutto campo, più maturo ed esperto, ma con la stessa inimitabile classe, di quel ragazzo che quindici anni fa si apprestava a conoscere con un po’ di diffidenza l’allenatore boemo. Diffidenza reciproca, peraltro. Visto che a Zeman avevano raccontato di un giocatore indolente, con poca voglia di allenarsi e sacrificarsi e convinto che il suo ruolo fosse solo quello di trequartista. Bastarono un paio di allenamenti per capire che la verità, anche in questo caso, era lontana dalle chiacchiere.

(…) «Il mister è unico e inimitabile», le parole di Totti il giorno della promozione in Serie A del Pescara. Zeman, in passato, si era spinto spesso anche più in là: «Francesco è il miglior giocatore che ho mai allenato e quello più forte al mondo negli ultimi dieci anni. In Italia in 50 anni sono nati tre fuoriclasse: uno è Rivera, l’altro è Baggio e il terzo è Totti».

Se n’è innamorato fin dal primo giorno. Da quando il boemo lo chiamava «gioia». E in effetti gioia per lui Totti lo è sempre stato. E viceversa. È con Zeman in panchina che è diventato Capitano – 31 ottobre 1998, Roma-Udinese – è con lui che ha segnato il primo gol al derby, è con lui, e per lui, che ha imparato a mettere il suo talento al servizio della squadra più di quanto non facesse prima. Il lavoro tattico fatto in quegli anni è stato «il più importante della mia carriera», disse Francesco ai tempi di Spalletti: «Era dal periodo di Zeman che non facevamo un lavoro tattico così attento, non curavamo il particolare non provavamo soluzioni come adesso». Anche con Spalletti, perlomeno i primi anni, il rapporto era strettissimo. Simile, per molti aspetti, a quello di ieri e di oggi con Zeman. (…)
Il Romanista – Chiara Zucchelli 

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