Totti umiliato è peggio di un derby perso

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Libero (M.Gorra) – Segno dei tempi. Una volta il giallo Totti che teneva banco alla vigilia del derby era quello relativo al celebre «fastidio in allenamento». Succedeva invariabilmente a metà settimana: da Trigoria rimbalzava la notizia che il capitano aveva interrotto anzitempo la seduta lamentando un qualche acciacco, la sua presenza in campo per tanto risultando appesa ad un filo. Seguivano giornate al cardiopalma in cui ambo le tifoserie – ciascuna ovviamente scongiurando pro domo sua – seguivano con spasmodico interesse l’evolversi del quadro clinico fino al grande ed invariabile finale, quando le distinte ufficiali dissipavano i dubbi ed il numero dieci giallorosso usciva dal tunnel dell’Olimpico con la fascia al braccio e il gagliardetto in mano. Oggi che la non titolarità del Pupone nella Roma è annoverabile assieme alla morte e dalle tasse nell’esclusivo club delle certezze della vita, anche il giallo Totti ha dovuto adeguarsi di conseguenza. Via i dubbi di formazione, dentro quelli sul futuro. Con annesso lo psicodramma che – data la sensibilità dell’argomento – non possono non conseguirne. La bomba scoppia di mattina presto. Lanciata da una delle tante emittenti locali romane che campano a pane e pallone sette giorni su sette e prontamente ripresa dall’universo mondo, la notizia è la seguente: Totti, pur di coronare il sogno di giocare un altro anno, ha proposto alla società il lodo Tommasi (contratto di una stagione al minimo sindacale, esattamente come fatto dall’allora centrocampista giallorosso nel 2005), salvo vedersi respingere seccamente l’offerta dalla dirigenza.

Apriti cielo: la piazza romana si scuote dall’inusuale torpore con cui negli ultimi giorni stava vivendo l’avvento della partita per antonomasiae si scatena. Superfluo dire prendendo le parti di chi: tra un presidente già detestato per i noti motivi (vedi alle voci stemma, data di nascita e barriere in curva) ed il supremo gesto di abnegazione dell’eroe in discusso ed indiscutibile la scelta non può che cadere sul secondo. Anzi, il gelido volta faccia di Pallotta di fronte alla generosità del capitano viene unanimamente letto come prova provata della malafede del patron a stelle e strisce: allora il problema – sentenzia il bar sport quando il sole è ancora basso – non erano i soldi, era proprio Totti. Tanta l’enormità della cosa che il presidente si vede costretto a buttarsi giù dal letto nella gelida alba bostoniana onde produrre la rettifica: «Questa è chiaramente una bugia. Non è assolutamente vero e non è mai successo. Qualcuno sta infangando il nome del più grande di sempre».

La smentita presidenziale, tuttavia, non riesce nell’intento di calmare le acque: complice un certo isolamento (dall’entourage del giocatore non arriva analoga precisazione), la questione non si sgonfia, seguitando a tenere banco per l’intera giornata. Stante il perdurare dell’incertezza, fioccano le dietrologie. Chi accusa i soliti media al soldo del Palazzo di avere avviato la consueta campagna di destabilizzazione a maggior gloria dei nemici della Roma; chi punta il dito contro l’odiato Pallotta e la di lui fredda e calcolata strategia per fare terra bruciata intorno ad un giocatore la cui rottamazione è stata decretata senza appello; chi ci vede invece la mano del capitano stesso e legge il tutto come tentativo di mettere la dirigenza con le spalle al muro onde renderne non difendibile la linea del non rinnovo (non) costi quelche costi. Il derby di domani guadagna pertanto un ulteriore elemento di surrealismo: non bastassero i controlli da Pentagono in uno stadio vuoto e non bastassero le due curve che, incredibile a dirsi, concordano riguardo l’opportunità di marcare visita e andarsi a vedere la partita sul maxi schermo, si aggiunge quello strano caso dell’ultimo derby di Totti che forse tanto ultimo non sarà. Oppure sì.

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