Il Messaggero – È il solito Francesco Totti, ospite da Fabio Fazio a Che tempo che fa. Solare, scanzonato e ironico, nonostante sia lontano dal mondo del calcio da ormai troppo tempo. La Roma non lo ha più chiamato a fare il dirigente e lui non ha nessuna intenzione di intraprendere la strada dell’allenatore come il suo amico Daniele De Rossi: «Non ce la faccio. Caratterialmente sono un istintivo e permaloso. L’allenatore non deve essere rosicone». Lo sa bene Francesco, che di tecnici in carriera ne ha avuti tanti, Ranieri compreso: «Lascerà, lo ha detto lui in conferenza. Io speravo rimanesse, ma avrà le sue ragioni. Ha fatto quello che doveva fare: riportare la Roma in alto».

Quando parla di Spalletti torna a scherzare: il conduttore gli fa vedere una foto di quando il ct della Nazionale era giovane ed aveva i capelli lunghi: «Sembrava Claudio Amendola nel film Amarsi un po’». I rapporti tra loro sono tornati sereni: «Con lui gli ultimi anni sono stati burrascosi. Il primo Spalletti che mi ha allenato alla Roma è stato uno spettacolo. Nel mio ultimo anno, mi è dispiaciuto il modo in cui ha usato. Poi abbiamo fatto pace, ci siamo incontrati di nuovo. La Nazionale? Speriamo che ritorni in alto. Il mister e il gruppo possono fare grandi cose». Sulla Serie A, Francesco ha le idee chiare: «So già chi vincerà lo Scudetto, ma non posso dirlo. Sono scaramantici».

Non fa drammi, invece, sul suo recente viaggio in Russia lo scorso aprile, dove è stato invitato a partecipare a un evento sportivo, l’International RB Award: «Mi hanno invitato a un evento sportivo e ci sono andato. Perché non avrei dovuto? Sono andato anche in altre parti del mondo, solo che quando mi muovo io…». La sua carriera alla Roma, il Mondiale vinto nel 2006 e le sue celebri giocate lo hanno reso un personaggio internazionale: «Mi manca giocare, però. La passione è… difficile da mettere da parte. Ancora non mi rendo conto di quello che ho fatto in carriera, ed è questa la mia fortuna. Lo dico anche con i miei amici». Conclude con una massima che ha definito tutta la sua vita da campione: «Il genio non pensa, fa. E non ci pensa neanche dopo. Se pensi a quello che vuoi fare, non fai più nulla».