Per Totti e Sabatini è l’ora della verità

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Il Tempo (A.Austini) – I dubbi di Totti, la certezza di Sabatini. Se il capitano ancora non ha deciso né capito quando smetterà di essere un calciatore, il direttore sportivo è irremovibile: vuole dimettersi il 30 giugno, con un anno d’anticipo rispetto alla scadenza del contratto con la Roma. Due nodi che Pallotta dovrebbe sciogliere prima di ripartire verso gli Stati Uniti, ma non è affatto detto che ci riuscirà. Anzi, nel caso di Totti la situazione ha preso una piega piuttosto intricata e servirà altro tempo prima che si arrivi a un accordo comune. La Roma, da Pallotta in giù, vorrebbe che il numero 10 si fermasse a fine stagione e scegliesse il prima possibile il suo nuovo incarico in società, già assicurato da un contratto di sei anni.

Dall’altro lato del tavolo il capitano chiede invece di giocare un altro anno, anche se ha capito che per lui ci sarà sempre meno spazio in una squadra rigenerata, dove adesso fatica a giocare persino Dzeko. Da qualche giorno Totti sta riflettendo sull’addio al termine del campionato, confrontandosi con il suo staff, i familiari e gli amici più stretti. «Continuo? Boh, non lo so» ha risposto al cronista che lo ha intercettato sabato notte a cena, dopo aver giocato il quarto d’ora finale contro la Fiorentina, a risultato ormai acquisto, tra le ovazioni dei tifosi. «Gli incontri con Pallotta sono finiti», ha aggiunto, a conferma che non ci sono nuovi appuntamenti fissati con il presidente, che dal canto suo gli rigira la patata bollente: «Ho trascorso molto tempo con Francesco durante questa settimana – ha spiegato James tra una visita ai Musei Vaticani e meeting di lavoro – è lui che deve pensare a cosa vuole fare. Tutti fanno congetture sul suo futuro, ma la decisione spetta solo a Totti, uno dei più forti di sempre». Quel «cosa vuole fare» nella testa di Pallotta è un riferimento al nuovo ruolo fuori dal campo? Probabile, ma a quanto pare il capitano deve ancora muovere il passo precedente e rassegnarsi al ritiro. La prospettiva lo intristisce e per togliersi gli ultimi dubbi sarà necessario un confronto con Spalletti. Ma il tecnico è stato chiaro: «Io nella questione del contratto non mi intrufolo» ha ripetuto più volte. E nell’intervista al canale tematico del club in onda oggi ha ribadito: «Lui è la storia della Roma, il migliore del dopoguerra in Italia». Insomma, pare che nessuno abbia la voglia né il coraggio di trovare in fretta una soluzione per quanto dolorosa possa essere.

Molto più definita la posizione di Sabatini, che solo sabato ha avuto un primo approccio con Pallotta. «Abbiamo visto insieme il secondo tempo della partita» ha svelato il bostoniano, che ha raggiunto il dirigente nella saletta privata dell’Olimpico dove di solito segue i match casalinghi. Non potevano certo parlare delle dimissioni durante il match con la Fiorentina, così si sono dati appuntamento a stamattina: il diesse aspetta Pallotta a Trigoria per ottenere il via libera formale a giugno. Sabatini intende porre fine al rapporto con la Roma a causa di quelle che lui considera «ingerenze» degli americani nel suo lavoro. Ma prima di lasciare la società, vorrebbe portare a compimento una serie di operazioni di mercato necessarie da una parte ad aggiustare il bilancio, dall’altra a rafforzare la squadra. L’obiettivo è non rendere obbligate delle cessioni di «big» da luglio in poi, ipotesi peraltro in contrasto con i programmi di Spalletti, e l’unica via è quella di cedere dei giovani, a cominciare da Sanabria su cui è piombato anche il Real Madrid. Il diesse sfrutterà l’incontro di oggi e la trasferta di Champions per definire il tutto con Pallotta, che per il momento non sembra intenzionato a forzare Sabatini a ritirare le dimissioni. Toccherà poi alla Roma scegliere un eventuale sostituto, con la preferenza rivolta a quei dirigenti capaci di proseguire sulla stessa strada percorsa in questi cinque anni: giovani talenti da pescare in giro per il mondo, da utilizzare o rivendere a seconda delle necessità. Fino a quando non ci sarà il nuovo stadio, d’altronde, l’unico vero patrimonio del club resteranno i giocatori.

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