Il Romanista – Giù le mani dal Capitano: è sempre Diecisivo

Con Totti la Roma ha fatto 35 punti in 20 partite (media 1.75). Senza Totti la Roma ha fatto 9 punti in 9 partite (media 1). Basterebbe questo, basta questo, a raccontare l’importanza per la Roma del suo Capitano. E invece no. Ancora una volta bisogna andare oltre. Senza nascondersi: Totti a San Siro ha giocato male. Fin dall’inizio si vedeva che non era al meglio e non gli è riuscito praticamente niente. E il riferimento non è solo a quel tiro a porta spalancata che avrebbe portato la Roma sul 2-0: Totti ha sbagliato anche altro. Emblematico un calcio d’angolo con un pallone dato corto a Marquinho che è finito dritto dritto nei piedi dei difensori del Milan. Da qui però a dire che “abbiamo perso perché abbiamo giocato in 10″ ce ne passa. Eccome. Totti non è di buon umore. E ci mancherebbe. I continui attacchi che subisce non lo toccano più di tanto (purtroppo è abituato) ed è piuttosto preoccupato per i risultati altalenanti della squadra e per i continui acciacchi fisici che lo tormentano.

Ha segnato solo quattro gol quest’anno, in trasferta non vede la porta da quasi un anno: non può essere felice. Ma è sempre Totti, anche in questo caso. Se a San Siro ha tentato il cucchiaio non è per spocchia, come qualcuno ha detto, o per mancanza di cattiveria. La scelta di tentare lo scavino al posto di un tiro potente nasce infatti da un fastidio alla gamba sinistra, la stessa che lo aveva costretto a saltare il Genoa. Il problema ha negato a Totti l’appoggio per caricare il tiro, lasciandogli come unica chance quella del colpo sotto a scavalcare Abbiati. Tanto più che, prima del tiro, il Capitano ha dovuto agganciare la palla molto alta sullo sbagliato rinvio avversario, stendendola tutta e sforzandola all’impossibile.

A conferma di questo c’è l’immagine di lui che torna verso il centrocampo toccandosi la coscia. Oggi sono in programma gli esami per verificare le sue condizioni, Francesco spera di esserci col Novara ma se non dovesse stare bene non rischierà. Altre volte in carriera lo ha fatto, altre volte è sceso in campo quando riusciva a malapena a correre. Eppure tutto questo adesso non conta più. Anche giustamente, perché Totti è il primo a non voler essere giudicato solo per quanto fatto in passatonuti in panchina per scelta tecnica) e Bergamo contro l’Atalanta. Serve altro? Forse sì.

E allora si possono analizzare le migliori partite stagionali della Roma: Totti c’era sempre. Vittoria a Parma, pareggio in casa con la Juventus, successi a Napoli e Bologna, successi contro Cesena e Chievo, vittoria contro l’Inter e a Palermo. Magari, per chi era abituato a vederlo segnare valanghe di gol e a fare giocate sempre decisive, tutto questo non basta. Ma chi ha modo di vedere le partite della Roma non può non accorgersi di quanto sia importante la sua presenza tattica, in un ruolo che ormai non sente più suo, quello di trequartista, che lo fa correre come e più di un ventenne e che è fondamentale per gli equilibri della squadra. Se così non fosse Luis Enrique, che non si può certo dire sia uno che guarda in faccia il nome o la carriera, non lo farebbe giocare sempre. Se Totti a San Siro è sceso in campo dal primo minuto non è perché lo ha preteso (anche questo è stato detto ieri) ma è perché l’allenatore della Roma, quello che manda in tribuna De Rossi per un ritardo di cinque minuti o che toglie lo stesso Totti davanti a 60mila persone per far giocare Okaka, ha ritenuto che fosse pronto e utile alla squadra. Così non è stato, almeno ieri, e si è visto. E lui è il primo a saperlo.

Quando la squadra è tornata a Fiumicino c’erano una decina di tifosi. Ovviamente (ovviamente?) è stato lui il più cercato. E lui si è fermato per foto e autografi. Poi è andato a casa e ha trascorso una domenica in famiglia. L’ideale per dimenticare le amarezze della notte milanese. L’ideale per ricaricarsi in vista della ripresa di oggi a Trigoria. Lui ci sarà, come sempre. Con buona pace di chi non aspetta altro che vederlo fuori dai giochi. Quel giorno deve ancora arrivare. Ed è pure parecchio lontano.

Il Romanista – Chiara Zucchelli

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