Totti: “Io rimarrò sempre della Roma. Rispetto la scelta di De Rossi ma io volevo indossare un’unica maglia”

Qualche giorno fa con Luca Toni poi con Vincent Candela, ora a CasaSkySport. Francesco Totti si sta rendendo protagonista in questo periodo di quarantena con siparietti divertenti con i suoi ex compagni. Oggi è impegnato invece nel rispondere alle domande degli spettatori di Sky. Ecco le dichiarazioni dell’ex numero 10:

Partiamo da Totti a casa. Cosa fai questi giorni?

La giornata è lunga, però fortunatamente ho una famiglia che mi sostiene. Dobbiamo stare 24 ore dietro ai figli. Tra compiti, giochi, palestra e compagnia bella, il tempo passa.

C’è qualche film di cui sei appassionato?

Questi 20 giorni abbiamo finito Netflix. La sera è l’unico modo in cui passare il tempo.

E’ un momento difficile per tutti, tu sei stato uno dei primi a sensibilizzare. Che cosa state facendo?

Nessuno si sarebbe mai aspettato di arrivare in queste condizioni. E’ un problema veramente serio. Con Dash abbiamo fatto questa iniziativa per lo Spallanzani, comprando 15 macchinari. Con gli altri abbiamo raccolto 350 mila euro e cercheremo di dividerli nel migliore dei modi per battere questo Coronavirus. Lo faremo per salvare tutte le persone, piccole o grandi. Con i Campioni del Mondo del 2006 abbiamo fatto un’iniziativa con la Croce Rossa ed abbiamo raccolto una bella somma per dare possibilità a chi sta veramente male.

Interviene Marcello Lippi: Sei riuscito a recuperare per il Mondiale nel 2006 con grande forza di volontà. Il calcio ti aspetta, torna a lavorare…

Il 19 febbraio ebbi un infortunio serio, la sera stessa Mariani mi operò perché mi ero fratturato il perone e lacerato i legamenti. E’ stato un intervento duro, ero sicuro di non poter partecipare ai mondiali perché il tempo era poco. La sera stessa, dopo l’intervento, Mariani mi disse che toccava a me. Sarebbe dovuto durare 8/9 mesi, ma se ce l’avessi messa tutta sarei potuto partire. Il giorno dopo ci fu la sorpresa di Lippi, dove ho visto la voglia nelle sue parole. Mi si è capovolto tutto, mi ha dato la forza di uscire da quel tunnel lungo e buio. Con la voglia di partecipare a questo Mondiale, che per me era l’ultimo, perché avevo già deciso di smettere con la Nazionale. Ho avuto la forza di partecipare e vincere la cosa più importante.

Perché hai lasciato così presto la Nazionale?

Era una decisione già presa prima dell’infortunio. Ogni anno facevo 50-60 partite ed avevo un problema alla schiena. Dovevo mettere da parte qualcosa e non potevo mettere da parte la Roma. La scelta più brutta era quella di andar via dalla Nazionale. La Roma è stata la cosa più bella per me, la mia vita e il mio percorso più bello.

Domanda di Del Piero. Con te non serviva parlare in campo. L’intesa è molto facile quando giochi con campioni del tuo livello. Come vedevi la rivalità con la Juventus?

L’ho visto ieri sera in collegamento con voi. Parlare di Del Piero sarebbe riduttivo, ci hanno messo sempre come in un dualismo, io o lui, cercando di metterci contro. Fortunatamente, avendo due caratteri simili siamo riusciti ad unirci ancora di più, a capirci ed a sostenerci. L’esempio delle barzellette è chiaro: con lui siamo stati sempre fino a tardi a girare le barzellette, perché ridevamo continuamente. Abbiamo un grandissimo rapporto e nessuno ce lo toglierà.

De Rossi ha chiuso la sua carriera con un’altra maglia, al Boca Juniors. Tu l’avresti fatto se ne avessi avuto l’opportunità?

“Rispetto ciò che ha fatto Daniele, ognuno è libero di fare le proprie scelte di vita. Io onestamente delle opportunità a fine carriera le ho avute, soprattutto all’estero, ma anche in Italia. Ho ricevuto chiamate dagli Emirati Arabi ad esempio. E poi la Sampdoria che mi voleva a tutti i costi. Sapete il debole che ha Ferrero per me, è romano e romanista e avrebbe fatto qualsiasi cosa per portarmi là. Ma ero un po’ dubbioso. Io volevo continuare perché sentivo ancora di poter dare qualcosa. Ma la mia idea era sempre stata quella di indossare un’unica maglia, quindi avrei cancellato tutto il pensiero portato avanti per 24 anni. La Samp è sempre stata nel mio destino. Se non ci fosse stato il torneo ‘Città di Roma’ con Ajax e Borussia Monchengladbach sarei andato lì nel 1996; il mister Carlos Bianchi non mi vedeva molto, però poi quella serata giocai alla grande e cambiò tutto. Fortunatamente ero riuscito a rimanere nella città e nella società che ho sempre amato. Anche perché poi chissà dove sarei andato dopo Genova, sicuramente non sarei tornato alla Roma”.

Saresti potuto andarci già molti anni prima…

Se non ci fosse stato il torneo Città di Roma sarei andato alla Sampdoria. Volevano darmi in prestito, il mister Bianchi non mi vedeva bene ed aveva altri obiettivi. Quella serata cambiò tutto. Fortunatamente sono riuscito a rimanere in questa splendida città, nella società che ho sempre amato e stimato. Chissà dove sarei andato dopo Genova, sicuramente non alla Roma.

Se non avessi fatto il calciatore, che altro sport avresti fatto?

Qualsiasi, sono portato per tutti. Ultimamente mi trovo bene con il Padel, ma è nato da poco, forse avrei giocato a Tennis. Come lavoro avrei fatto il benzinaio, per i soldi e per l’odore della benzina che mi fa impazzire.

Ci sveli qualche retroscena del rapporto tra te e Federer?

Federer per me è il tennis. E’ un mio amico, ci sentiamo spesso per messaggi perché lui non parla italiano ed io non parlo inglese. Prima non avevo tanta possibilità di comunicarci prima, alla fine c’è stima reciproca, mi ci identifico tanto, per me è la normalità fare un passaggio di prima come lo è per lui fare punto. Io lo reputo davvero il tennis. Posso dire che è un mio amico, un giorno lo sfiderò a Padel, perché a tennis è troppo forte.

Interviene Giuseppe Giannini: Ci sono cose che ci legano: i colori, il numero e la fascia. Quando vuoi giochiamo a tennis…

Accetto la sfida. Quando avevo 16 anni lui ed il papà mi sono stati vicino, mi hanno insegnato tante cose e mi hanno fatto capire cos’è la Serie A. Come comportarsi e ambientarsi. Devo dire che sono stato fortunato ad averle vicino. Come dice Giuseppe, per noi romani avere la fascia da capitano significa tanto, dobbiamo portare alto i colori della Roma. E’ un vanto, un privilegio, un onore. E’ un sogno e noi siamo stati tra quelli privilegiati.

Tra due mesi sono 3 anni dal tuo ritiro. Cosa ti è rimasto dentro di quel giorno ricco di emozioni? Era necessario?

Rispondo ancora con le lacrime. È come se non fossero passati tre anni. Spesso e volentieri riguardo quella giornata indimenticabile, si racchiude tutto il mio amore per questa squadra, per i colori e quei tifosi. Ricordo ogni giorno, speravo non arrivasse mai la fine, ma c’è per tutti. Quando ho fatto la passerella non avrei salutato alcune persone, ma per quello che c’era intorno ho dovuto mettere da parte tutto. E’ un giorno per me brutto perché ho smesso col calcio che era la cosa più importante, ma l’amore che mi ha dato la gente quel giorno era impensabile. Non pensavo si potesse arrivare a piangere così, non ho retto nemmeno io all’emozione. Sapevo cosa poteva succedere in quella partita e li ringrazierò per sempre perché mi hanno dato e mi danno tanto. Il campo per me era tutto, sapevo quello che potevo dare e lo facevo per far contento questo popolo che per la Roma farebbe qualsiasi cosa. So cosa significa essere romani e romanisti, cosa significa vedere la Roma dalla Curva o dalla Tribuna. I romani sono questi e sono fiero.

Qual è la partita che vorresti rivedere?

Inter-Roma è il gol più bello della mia carriera. Roma-Juventus è il secondo derby, perché c’è sempre stata rivalità e facemmo una grande partita. Nel 5-1 contro la Lazio ci fu la dedica ad Ilary con “sei unica”. Roma-Parma è il sogno di tutti i romanisti, dovevamo vincere. Scelgo Roma-Parma.

Domanda di Pizarro.

Quale preferisci tra il gol all’Inter e quello alla Sampdoria? Il Pek è un figlio di una buona donna. E’ uno che fa scherzi sempre. Poi quando gli rode è uno permaloso. Tra i due gol è una bella lotta.

Domanda di Bergomi: Quanto ti piaceva giocare a San Siro? Qui hai fatto uno dei gol più belli della tua carriera…

Lo ringrazio per le belle parole. E’ la Scala del Calcio. Dopo l’Olimpico è lo stadio più significativo, mi dava molte emozioni. Tra Inter e Milan ho fatto tanti gol, belle prestazioni. Mi dava la voglia di fare qualcosa in più e deliziare quella platea. Erano abituati a fenomeni che non abbiamo visto. Era uno stadio particolare, ti veniva voglia di giocarci e di dare il 101%.

Ho letto il libro. Cos’è successo con Spalletti?

Sono stati due personaggi diversi. Il primo Spalletti era top. Come un secondo padre, ci stavo quasi 24 ore al giorno. Il secondo, forse con le sue ragioni o forse idee da altre persone, ha voluto mettermi i bastoni tra le ruote e qualcosa non è andato nel migliore dei modi. Ho cercato sempre di tenere la testa alta e fare il mio meglio, anche se sapevo di essere in difficoltà.

Dopo la doppietta al derby cosa hai pensato?

Perdevamo il primo tempo 2-0 e poi siamo entrati con un’altra rabbia e cattiveria. Mi sono trovato al posto giusto in entrambi i gol. Il secondo è stato molto difficile: a quell’età fare un balzo del genere non è facile. Ho pensato a prenderla solamente al volo e metterla dove volevo.

Qual è stato il giocatore della Lazio con cui hai avuto più rivalità?

Con Simone Inzaghi ho sempre avuto un bellissimo rapporto, condividiamo tanti amici ed abbiamo fatto un percorso insieme. E’ uno degli allenatori più forti che c’è in Serie A. Con Nesta c’è sempre stata rivalità, anche se il rapporto era e sarà sempre ottimo, anche se lui era il Capitano della Lazio e io della Roma. Il calcio è cambiato adesso, bisogna cambiare la mentalità.

Da tifoso romanista come vivi l’ascesa della Lazio?

Sarei stato contento per Inzaghi se avesse allenato un’altra squadra. Spero si possano fermare il prima possibile. Gli dice tutto bene, ora non gli si può dire nulla. Spero ci possa essere un black out il prima possibile.

Domanda di Marchegiani. Perché ci sono pochi numeri dieci?

E’ una persona vera, genuina. Mi è sempre piaciuto sin da quando era alla Lazio. Poi l’ho conosciuto meglio, lo frequento di più rispetto a prima. Del Piero è difficile da replicare. Bisogna tornare alle origini, puntare sui settori giovanili e non cercare stranieri. Puntare sui giovani come noi, abbiamo più possibilità di trovare i Totti, Baggio e Del Piero. Sono loro che ti fanno divertire e fanno gol.

Quale sarà il tuo futuro?

Stavo partendo con la società di scouting ma il Coronavirus ci ha un po’ bloccati. Stiamo lavorando e cercando un altro Totti, un calciatore di questo spessore. Cercherò in tutto il mondo e spero di trovarne di giocatori così e di farli crescere. Ho preso qualche giovane e lo crescerò come ho sempre voluto fare, come mi hanno cresciuto. Riuscirò a trovarlo.

Che idea ti sei fatto di Fonseca? Ti sarebbe piaciuto lavorare con lui?

La Roma è alti e bassi adesso. Purtroppo siamo abituati a questi problemi. Fonseca è un grandissimo allenatore, che sta capendo il calcio italiano, la città e tantissime altre cose. E’ addentrato, me ne parlano tutti bene, compresi i calciatori. Con l’unione e con alcuni innesti precisi possiamo fare un grandissimo campionato.

Possiamo?

Sì, perché io rimarrò sempre della Roma. Anche se sono fuori da Trigoria, il mio cuore sarà sempre lì dentro.

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