La Repubblica – E Totti finisce sotto processo, i tifosi divisi sul “cucchiaio”

Il giorno dopo una partita che ha consegnato al passato le ambizioni di Champions della Roma, l’immagine rimasta negli occhi di tutti è il pallonetto con cui Francesco Totti ha mandato sopra la traversa l’occasione romanista di uscire da Milano con in tasca tre punti in più e un biglietto per il casello europeo. Un “Cucchiaio di legno”, per molti, quello del capitano. Intorno a cui guelfi e ghibellini della capitale tornano a dividersi: “A 36 anni dovrebbe fare come Del Piero e mettersi in panchina”, la voce più diffusa nell’etere e sui forum. Molte le critiche del giorno dopo, tra chi chiede le scuse per il “cucchiaio”, chi addirittura per il sorriso successivo immortalato dalle telecamere, chi semplicemente utilizza il pretesto per chiedergli di farsi da parte: “È stato peggio di Kjaer”.

Nulla di paragonabile agli attacchi personali ricevuti per strada dopo il rigore sbagliato con la Juventus, ma certamente un nuovo segnale di insofferenza di una parte della tifoseria: “È il più grande della nostra storia, ma è ora di voltare pagina”. E Francesco? Giustificazioni pubbliche per l’errore non ne ha cercate, nello spogliatoio ha però spiegato a Luis Enrique il perché di quel gesto motivandolo con un fastidio al flessore della coscia sinistra, che non gli ha consentito di avere l’appoggio per concludere in un modo diverso senza farsi male. Una spiegazione di cui non aveva bisogno chi invece ha scelto di schierarsi con lui: “Chi critica il capitano si vergogni”, l’opposizione articolata da chi difende Totti. Anche i numeri dividono: soltanto 4 reti in stagione per il numero dieci romanista, distribuite in appena due partite. Nessuna lontano dall’Olimpico. Ma la media punti racconta altro: perché in 9 incontri in campionato senza il capitano, la Roma ha perso 6 volte e marcia al ritmo di un punto a gara. Rendimento che sale a 1,7 di media a partita con lui in campo. Differenza sostanziale.

Totti a parte, però, è tutta la Roma che fatica a ritrovare se stessa. A Milano, per tutto il primo tempo, la squadra ha giocato chiusa dietro senza rischiare. Dopo il derby, durante una cena, i giocatori avrebbero condiviso la necessità di trovare in campo dei rimedi che consentissero di esporsi meno. Scelta condivisa poi con l’allenatore e che aveva pagato contro Palermo prima e Genoa poi. Ma oggi la Roma s’interroga sul problema del gol. Nelle ultime 7 gare, appena sei reti, con due soli nomi sul tabellino: quelli di Borini (4 gol) e Osvaldo (2). E da 10 anni la squadra non segnava così poco: 46 reti, meno solo nel 2002. Addio Champions, lontana 7 punti a 9 match dal termine. Sette mesi dopo il battesimo estivo, l’importazione del modello Barcellona a Roma è un traguardo lontano.

La Repubblica – Matteo Pinci

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