Tommasi: “Roma? Il periodo decisivo della mia vita, è rimasta nel cuore”

Damiano Tommasi, ex giocatore della Roma, è stato intervistato dal Corriere dello Sport ed ha parlato anche del suo periodo in giallorosso. Queste le sue parole.

Lei, quando giocava nella Roma, ha avuto un infortunio particolarmente grave che l’ha tenuta fuori un anno e mezzo. Quando è tornato ha firmato a millecinquecento euro di stipendio. Che significato aveva quel gesto da parte sua?
«E’ stato sicuramente un contratto particolare. L’anno in cui mi sono fatto male scadeva il mio contratto e quindi avevo deciso di andare via. Poi è arrivato invece mister Spalletti che mi ha chiesto di tornare perché vedeva in me una figura di riferimento per lo spogliatoio, per il gruppo. Mancavo dal campo dal luglio precedente, quindi non si sapeva se le mie condizioni fossero sufficienti per poter giocare ancora. Più volte tornava questo dubbio sulle mie condizioni fisiche e quindi ho voluto accettare la sfida di tornare a fare il calciatore non facendo correre nessun rischio economico alla società. Sul contratto abbiamo deciso di indicare il minimo contrattuale per poter scrivere la parola calciatore. Era quello che mi interessava».

Che ricordo ha di quei dieci anni a Roma?
«Non so se abbiamo tempo sufficiente… E’ stato il periodo decisivo della nostra vita, parlo a livello familiare. Vivere a Roma sicuramente ci ha cambiato come persone, perché partire da Verona e vivere i primi anni di matrimonio a Roma ci ha permesso di aprirci ad una realtà più grande e complessa. E adesso siamo contenti di avere dato ai nostri figli questa possibilità. Per farle un esempio: quando si è sparsa la voce, in famiglia, che potevo candidarmi alla presidenza federale, la figlia più grande che è nata a Roma ha detto “E’ giusto che facciate vivere Roma anche ai nostri fratellini più piccoli, che non l’hanno mai conosciuta”. Roma è nel nostro cuore».

Quale è stato l’allenatore più importante della sua vita?
«Non ho problemi a dirlo, perché faccio il paragone con le città più belle del mondo. Io tolgo dalla classifica Venezia, perché è qualcosa di unico. Così per gli allenatori: Zeman sicuramente è stato qualcosa di diverso».

Il compagno di squadra più intelligente con il quale abbia giocato?
«Sono stati tanti i giocatori con i quali ho avuto modo di parlare non solo di calcio. Stefano Fattori a Verona e Eusebio Di Francesco a Roma, che sono stati i miei fratelli maggiori nel mondo del calcio e lo sono tuttora. Poi ho avuto un rapporto particolare con tre giocatori con cui mi sono trovato in sintonia subito: Pep Guardiola, che ha militato nella Roma solo sei mesi; Ivan Tomic, un ragazzo che è stato a Roma un paio di anni e Eleftheropoulos, il portiere greco che ogni mattina mi chiedeva il significato di una parola italiana diversa perché voleva imparare la nostra lingua e, per dire, aveva fatto l’abbonamento a teatro appena arrivato a Roma».

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