Stadio, di nuovo caos. Oggi si rischia l’addio

Corriere Dello Sport (M.Evangelisti) – A questo punto la proroga sarebbe il danno minore, anzi, una mezza manna. Perché, se vale qualcosa un atto ufficiale, un documento stilato e firmato negli uffici di un assessorato, la seduta della conferenza dei servizi in programma oggi può diventare in quattro e quattr’otto il tramonto del progetto del nuovo stadio della Roma. Una chiusura pura e semplice senza alcuna emissione dei permessi di costruzione, un no pronunciato in italiano che avrebbe conseguenze pesantissime sulle prospettive di sviluppo del club giallorosso. Senza essere apocalittici: la Roma perderebbe la migliore e più solida fonte di introito a cui affidare le prospettive future.

SFIBRANTE – Sui pensieri di James Pallotta e sugli scenari futuri eventualmente si rifletterà. Oggi possiamo solo registrare il colpo di scena, documentato su carta intestata di Roma Capitale, e il successivo affannoso riposizionamento di tutti i personaggi in commedia. Una mano non sa che cosa faccia l’altra. Almeno, è la sensazione che si ricava da questa parte del palcoscenico. La Roma ieri era convinta di essere di fronte a un altro mese di logorante attesa e sfibranti trattative. La giunta comunale aveva deciso di chiedere il prolungamento di trenta giorni della conferenza dei servizi, come la legge prevede nel caso occorrano tempi tecnici per il completamento di qualche atto o ulteriori chiarimenti. Diciamo meglio: una parte della giunta aveva deciso di prendere tempo. Poi c’era da capire se il mese in più servisse a concludere positivamente la trattativa con la Roma e i costruttori sulla riduzione delle cubature (circa un milione di metri nel progetto originale) o a scovare un modo di dire no senza ritrovarsi in una causa da centinaia di milioni di euro. Invece ieri mattina dagli uffici dell’assessorato all’urbanistica, cioè dai territori di competenza dello storico oppositore del progetto Paolo Berdini (il quale peraltro figura tra i destinatari: il testo è firmato da funzionari), è partita una lettera con la quale il Comune chiede lo stop. Immediato, completo. E definitivo: perché se la conferenza dei servizi si chiude, poi non si riapre in questa configurazione. Si dovrebbe ripartire da zero, con un progetto nuovo, con altri cinque anni – o tre, farebbe lo stesso – di disegni, dibattiti, polemiche, signornò. Difficile che qualcuno ne abbia voglia. Per esprimere questo parere negativo le unità operative dell’assessorato hanno sfruttato il vecchio argomento del rischio allagamenti. Che riguarda una parte della zona di Tor di Valle e che sarebbe eliminato proprio con i lavori previsti, a spese dei costruttori: la messa in sicurezza degli argini interessati rientra nei 440 milioni di opere pubbliche in preventivo.

LO SCOGLIO – Bene, allora è la fine. No, non ancora, ma per evitarla bisogna essere agili e brillanti. Perché dentro la giunta a guida Movimento 5 Stelle chi va in una direzione chi in un’altra, davanti a una Virginia Raggi oggi debolissima. Al mattino arriva la comunicazione, al pomeriggio il vicesindaco Luca Bergamo chiama in Regione per annunciare la richiesta di proroga della conferenza dei servizi. Sconcerto da una parte per la contraddizione, sconcerto dall’altra nel venire a sapere dell’iniziativa del dipartimento urbanistico. Il Comune poi rende pubblica la volontà di prolungare la conferenza. Ma di fronte a un atto ufficiale come la lettera di bocciatura del progetto la conferenza dei servizi non può che prendere atto e chiudere la pratica con un no. A meno che il Comune non trovi un escamotage attraverso il quale svuotare di significato quella lettera. Ieri sera hanno provato a retrocederla a semplice richiesta di approfondimento rivolta all’autorità di bacino del Tevere (altro destinatario). Linea complicata da sostenere, visto quanto è chiaro per una volta il burocratese usato nel documento. E la Regione, sempre più sconcertata, aspetta di capire. In bocca al lupo.

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